Egregio Direttore,
chiedo ospitalità sul suo giornale per affrontare un argomento oggi di particolare interesse: la bollettazione di luce e gas effettuata dai gestori di questi pubblici servizi.
A fronte di una proposta commerciale per il servizio luce o gas, spesso molto complessa ed articolata ma sempre esaustiva dei costi che l’utente dovrà sostenere, segue l’accettazione che determina la stesura di un contratto fra le parti, contratto che non trova mai riscontro nella fattura emessa dal gestore rendendo impossibile per l’utente il controllo e la verifica degli importi addebitati.
Come esempio riporto le voci di costo contenute nelle condizioni contrattuali (giugno 2023) del servizio gas, accise e IVA escluse.
Le voci di costo indicate in contratto sono:
- Corrispettivo di commercializzazione all’ingrosso
- Corrispettivo di commercializzazione al dettaglio
- Corrispettivo per spese di trasporto, gestione del contatore ed oneri di sistema (trasporto, stoccaggio distribuzione e misura)
Ciascuna di queste voci è dettagliata analiticamente in maniera chiara e precisa e permette all’utente una verifica precisa.
Nessuna di queste tre voci trova riscontro in fattura dove compaiono aggregazioni e disaggregazioni incomprensibili con evidente impedimento al controllo.
Inoltre applicando le voci di contratto, fatto salvo errori di calcolo, l’imponibile risultante (con esclusione delle accise e dell’IVA) è di gran lunga inferiore al valore riportato in fattura.
Impossibile avere chiarimenti dal gestore che o non risponde alle domande o, con una protervia incredibile, afferma “abbiamo effettuato verifiche riscontrando regolarità contabile”.
Possibile che a fronte di un problema di così rilevante importanza nessuno ( organi di tutela del consumatore, Enti di controllo comunali e giudiziari, ecc..) possa rispondere ad una semplice e precisa domanda: Perché contratto e fattura non sono congruenti e verificabili?