di Federica Pezzoli
Parte da un ricordo d’infanzia Il Cyrano de Bergerac di Arturo Cirillo, in scena al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara da venerdì 1 a domenica 3 marzo. Ed assistere a questa rivisitazione della celeberrima storia di Edmond Rostand è come entrare nella mente e nella fantasia di un bambino in cui ricordi, esperienze, favole, si mescolano e si intrecciano dando forma a un mondo onirico che è nello stesso tempo teatro, musical, rivista e circo.
L’attore, qui protagonista e regista, prende le mosse dal ricordo della visione del Cyrano di Modugno e Pazzaglia al Politeama di Napoli alla fine degli anni Settanta e costruisce uno spettacolo surreale che fonde la musica con le parole in una sorta di teatro-canzone. Giocando con testi e nasi celebri, confonde Cyrano e Pinocchio, Rossana e la fata Turchina, il fido Ragueneau con il Grillo Parlante. Ma non solo: su di una piattaforma, che a tratti sembra la pista di
un circo mentre in altri fa sembrare i protagonisti della vicenda figurine di un carillon o le marionette di Mangiafuoco, va in scena un gioco, un divertissement teatrale e letterario, tra rimandi e citazioni – soprattutto a Ferrara non può sfuggire quella Ariostesca di Cyrano che cade dalla luna – di opere e canzoni e dei loro interpreti nel tempo. Contribuiscono il sipario argenteo e malinconico calato dall’alto e gli oggetti di scena ideati da Dario Gessati, le luci di Paolo Manti, capaci di accompagnare il pubblico in ogni cambio emotivo e narrativo, i costumi colorati e luccicanti di Gianluca Falaschi, che ricordano Wanda Osiris, Raffaella Carrà o perfino il Carnevale brasiliano.
E poi tutti i compagni di Cirillo – Irene Ciani-Rossana, Rosario Giglio-Ragueneau, Francesco Petruzzelli-De Guiche, Giulia Trippetta-Governante/Lumachina, Giacomo Vigentini- Cristiano – capaci di interpretare con i diversi personaggi tutti i registri che l’attore e regista napoletano ha scelto di mescolare in questo pastiche eclettico: dalla commedia dell’arte alla rivista e al cabaret, dal teatro dei burattini a quello delle ombre.
Un testo sempre attuale quello di Rostand, a maggior ragione oggi, in un tempo dominato dalle apparenze e dalla rincorsa alla performance, che lascia poco spazio all’interiorità, alla riflessione e alla poesia. Un testo che esalta l’amore profondo e generoso, più che passionale e possessivo, e la costante ricerca di farsi amare per quello che siamo e non per l’aspetto esteriore. E Cyrano, e con lui Arturo Cirillo, cerca la speranza e la salvezza nel teatro: “Un uomo, o un personaggio, in fondo salvato dal teatro, ora che il teatro ha più che mai bisogno di essere salvato”, scrive nelle note di regia l’attore napoletano.
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