Cronaca
29 Febbraio 2024
Chiesti 6 anni e 5 mesi per il sovrintendente Geremia Casullo e 6 anni per l'assistente capo Massimo Vertuani, mentre è stato chiesto un anno per falso per l'infermiera Eva Tonini

Tortura in carcere. “Condannate i due poliziotti penitenziari”

di Davide Soattin | 4 min

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La pm Isabella Cavallari della Procura di Ferrara ha chiesto la condanna per i due poliziotti penitenziari finiti a processo con l’accusa di tortura nei confronti del detenuto Antonio Colopi, avvenuta il 30 settembre 2017 nel carcere di via Arginone. Imputati sono il sovrintendente Geremia Casullo e l’assistente capo Massimo Vertuani.

Al termine della propria requisitoria, durata oltre tre ore, il pubblico ministero ha chiesto per il primo 6 anni e 5 mesi, mentre per il secondo 6 anni. Con loro, entrambi difesi dall’avvocato Alberto Bova, alla sbarra anche l’infermiera Eva Tonini che era in servizio, difesa dall’avvocato Denis Lovison. Per lei è stato chiesto il proscioglimento per quanto riguarda il reato di favoreggiamento e la condanna a 1 anno per falso.

La parte civile ha invece chiesto un risarcimento di 100.000 euro e una provvisionale da 50.000 euro.

La vicenda sarebbe avvenuta all’interno della cella numero 2 del penitenziario ferrarese, dove il detenuto – che era in isolamento – sarebbe stato pestato malamente durante una perquisizione che, secondo la Procura, fu eseguita arbitrariamente. Nel dettaglio, Casullo sarebbe stato il primo a entrare nella cella, mentre gli altri facevano da palo. Qui, dopo aver fatto togliere la maglia e la canottiera al detenuto, lo avrebbe fatto inginocchiare per poi sferrargli dei calci allo stomaco. Poi gli avrebbe fatto togliere pantaloni, scarpe e calze, lo avrebbe ammanettato e gli avrebbe dato altri calci e pugni allo stomaco, alle spalle e al volto. Secondo la ricostruzione fatta dal pm, il sovrintendente avrebbe anche usato il ferro di battitura (che serve per controllare le inferriate) per colpirlo alle spalle, gambe, nuca e viso. Circostanza, questa, confermata anche ieri (28 febbraio) dalla stessa pm.

Colopi a questo punto sarebbe arrivato a reagire, dando una testata a Casullo, rompendogli gli occhiali. Per questo sarebbe stato minacciato e colpito ancora, fino a rompergli l’incisivo superiore. La vittima avrebbe invocato, urlando, l’intervento del comandate del reparto del carcere, ma la risposta sarebbe stata “comandante e ispettore sono solo io“. Poi sarebbe stato minacciato di morte con un coltello rudimentale puntato alla gola passato a Casullo dal collega Licari (condannato in abbreviato, ndr).

E proprio quest’ultimo avrebbe fatto ingresso in cella dicendo “ora tocca a me” e cominciando a picchiare Colopi. Poco dopo si sarebbe unito anche Vertuani, anche se su di lui le contestazioni sulle violenze sembrano più sfumate.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, finito il pestaggio, la vittima sarebbe stata lasciata ammanettata e seminuda in cella, sino a quando non sarebbe stata notata dal medico del carcere durante il giro ordinario, almeno un’ora dopo i fatti (e poi sarebbe stato medicato dopo tre ore circa).

Casullo e Vertuani sono anche accusati di falso per aver redatto dei rapporti considerati non veritieri sull’accaduto e, di fatto, contengono il nocciolo della loro versione dei fatti: sarebbe stato Colopi ad accogliere i poliziotti con fare minaccioso, aggredendoli poi con calci e pugni, e loro avrebbero solo reagito per contenerlo e riportarlo alla calma.

Da uno dei rapporti emergerebbe anche che il detenuto avrebbe usato come arma un oggetto contundente ricavato da una bomboletta del gas, che però secondo gli inquirenti sarebbe stata introdotta proprio dai poliziotti. I quali, peraltro, non avrebbero fatto menzione né delle manette, né delle lesioni del detenuto (poi giudicate guaribili in 15 giorni), né del fatto che Colopi venne denudato e lasciato ammanettato e in mutande. Inoltre avrebbero scritto il falso affermando di aver immediatamente avvisato l’ispettore di sorveglianza, che invece sarebbe stato attivato solo un’ora dopo e solo al passaggio del medico.

Sempre i due sono anche imputati per calunnia nei confronti di Colopi, per averlo accusato di resistenza a pubblico ufficiale, pur sapendolo innocente.

Quanto alla posizione dell’infermiera Eva Tonini, secondo l’accusa iniziale, a lei viene contestato di aver scritto il falso nelle comunicazioni infermieristiche e dichiarato il falso ai carabinieri nel Nucleo investigativo nel tentativo di aiutare Casullo, Vertuani e Licari e sviare le indagini nei loro confronti. In particolare avrebbe scritto (e riferito al medico, che però non ha confermato la circostanza) di aver trovato Colopi che sbatteva violentemente la testa sul blindo mentre passava per il giro della terapia tra le 8 e le 9 di mattina di quel 30 settembre: circostanza che risulterebbe smentita dall’agente che la seguiva. Anche su quest’ultimo avrebbe dichiarato il falso dicendo essere stata accompagnata da uno dei tre imputati, Licari, mentre per gli inquirenti con lei c’era un altro operatore della Penitenziaria.

Durante l’udienza di ieri (28 febbraio), l’avvocato Alberto Bova ha fatto presente che, durante la scorsa udienza, il medico legale Rosa Maria Gaudio, perito nominato dal collegio del tribunale per valutare se le lesioni sul corpo del detenuto fossero o meno compatibili con un pestaggio, aveva “sconfessato tutte le calunnie di Colopi con la propria perizia”, chiedendo così l’assoluzione sia per Casullo che per Vertuani e la trasmissione degli atti alla Procura per indagare il detenuto, a sua volta, per il reato di calunnia.

La sentenza è attesa per il 10 aprile.

 

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