“All’interno del petrolchimico non ci sono mai. Ha fatto tutto mio fratello. Lo aveva chiamato Lorenzo Poltronieri (il presidente del consiglio comunale in quota Lega, ndr), che conosce da sempre”. A parlare, nel processo per la demolizione del campo nomadi, è Marco Sortini, imputato di gestione di rifiuti non autorizzata, violazione delle norme per la sicurezza nei luoghi di lavoro assieme al vicesindaco Nicola Lodi, il quale deve rispondere anche di usurpazione di pubbliche funzioni.
Nel corso dell’esame Sortini, legale rappresentante dell’omonima ditta che prestò una ruspa a favore di telecamere, spiega che Poltronieri chiese a suo fratello, Franco, “se gli faceva la cortesia di abbattere delle casette nel campo di via delle Bonifiche, altrimenti sarebbero tornati i nomadi. Mio fratello me lo disse a cose fatte. Secondo lui il lavoro era talmente irrisorio che non meritava nemmeno che se ne parlasse in riunione”.
Nell’organigramma societario il fratello risulta come dipendente. Marco è invece il rappresentante legale. “Il 2 ottobre 2019 (giorno dell’abbattimento, ndr) io non c’ero. Non ho mai parlato con Lodi o Poltronieri. Nessuno mi ha chiesto di abbattere delle casette. Lo ha fatto mio fratello, gratis, per amicizia. Una cortesia”. E dietro domanda della giudice Carlotta Franceschetti ammette candidamente che “non ne abbiamo mai fatte altre di demolizioni, né prima né dopo. Ma non mi sembra così strano”.
Prima dell’esame dell’imputato hanno testimoniato i tecnici del Comune di Ferrara. A partire dall’ingegnere Alessio Stabellini, oggi dirigente del settore Ambiente e all’epoca dirigente del servizio Qualità ambientale: “il 30 settembre si completava lo sgombero. Il 2 ottobre è stata fatta una prima attività di pulizia con la raccolta e lo smaltimento di rifiuti urbani indifferenziati e la rimozione fisica del materiale che costituiva l’isola ecologica. L’incarico mi fu dato dagli assessori Lodi e Coletti”.
Stabellini afferma che “il problema rifiuti nel campo nomadi c’era già”. Con la chiusura “è aumentato perché la zona, rimasta abbandonata e senza illuminazione, essendo vicina a via Padova, era diventata una ‘ghiotta’ occasione per chi voleva smaltire abusivamente”.
Prima della chiusura, riferisce il teste, “c’erano fondamentalmente rifiuti urbani indifferenziati, dopo anche rifiuti ingombranti e pericolosi. Dopo il 2 ottobre abbiamo riempito di materiale sette camion da 30 metri cubi l’uno (scarrabili forniti da Hera, ndr)”.
Sulla tempistica non combaciano perfettamente con quelle di Stabellini le dichiarazioni dei geometri Marco Scanavacca e Giorgio Poltronieri: “Dopo aver portato via i rifiuti censiti dal settore edilizia ne sono rimasti altri, smaltiti entro giugno 2020 dall’azienda Sangiorgi”:
Si torna in aula l’11 giugno con l’esame degli ultimi testi, l’ex questore Giancarlo Pallini e l’ex dirigente del settore edilizia del Comune Luca Capozzi, e dell’altro imputato.
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