Cronaca
23 Febbraio 2024
Le indagini a carico della cooperativa attiva nella gestione dei centri per l'accoglienza dei migranti partirono da una sos che venne presa in carico dalla Guardia di Finanza. Ieri (22 febbraio) il racconto degli inquirenti in aula

Accoglienza. La Vivere Qui nei guai dopo una segnalazione di operazione sospetta

di Davide Soattin | 3 min

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È partita da una segnalazione di operazione sospetta l’indagine della Guardia di Finanza nei confronti della Vivere Qui, la cooperativa che gestiva cinque centri per migranti tra Vigarano e Poggio Renatico, finita al centro dell’inchiesta sull’accoglienza coordinata dalla Procura di Ferrara, che oggi vede a processo con le accuse di truffa aggravata, falso e inadempimento contrattuale in pubbliche forniture, il presidente Thomas Antogni Kuma, la vicepresidente Nathalie Beatrice Djoum e la consigliera Eva Rosa Lombardelli.

Il retroscena sul modo in cui è iniziato il lavoro degli inquirenti è emerso ieri (giovedì 22 febbraio) in aula quando, davanti al giudice Alessandra Martinelli, è stato sentito il finanziere Corrado Franco, luogotenente del Nucleo Economico Finanziario delle Fiamme Gialle, che ha ripercorso lo svolgimento delle indagini iniziate nel 2015, a seguito di una segnalazione riguardante alcuni profili di criticità emersi sul conto corrente della Vivere Qui e relativi al prelievo di denaro contante.

Dopo aver chiesto ed esaminato la documentazione bancaria – ha aggiunto Franco – sono risultate principalmente tre criticità. “I delegati a operare sul conto corrente erano i responsabili della Vivere Qui, c’erano solo bonifici di Asp con causale «Progetto Accoglienza Migranti» e le uscite dal conto corrente riguardavano importanti e ripetuti prelievi di denaro contante e spese in viaggi, acquisti di vestiti griffati e dispositivi hi-tech” ha sottolineato il luogotenente della Finanza.

Un aspetto differente da quello previsto dalla convenzione del 2014 siglata tra Asp e il Raggruppamento Temporaneo d’Impresa in cui la Vivere Qui entrò a far parte dall’ottobre di quello stesso anno che, oltre a rendere obbligatoria la tracciabilità dei flussi non finanziari, non possibile con il prelievo dei contanti, prevedeva l’utilizzo di quei soldi provenienti dal governo per la gestione dell’accoglienza all’interno delle strutture. Quindi per i servizi di assistenza alla persona, per l’igiene ambientale e personale degli ospiti, per la disinfestazione, la derattizzazione e lo smaltimento dei rifiuti delle strutture, la prima qualità dei cibi per la colazione, il pranzo e la cena, il ricambio di cuscini, lenzuola e coperte e il vestiario dei migranti.

Al centro dell’udienza anche le modalità con cui i soldi arrivavano alle cooperative, secondo un sistema prestabilito in cui il ministero dell’Interno, tramite la Prefettura, girava i fondi ad Asp che poi li liquidava ai vari enti gestori sulla base delle fatture che gli enti gestori mandavano all’Azienda per i Servizi alla Persona. Così facendo, dal 2014 al 2018, secondo quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza, Vivere Qui ha quindi fatturato 1.815.636, 07 euro e Asp ha liquidato a suo favore 1.466.554, 83 euro.

Nel 2018, dopo la prima fase dell’inchiesta, la Guardia di Finanza ha poi avvisato la Procura di quanto stava accadendo con una prima informativa. Da lì, gli uffici di via Mentessi hanno iniziato a coordinare un’altra serie di indagini tra perquisizioni, intercettazioni e accertamenti bancari da cui sono risultati, a carico della coop Vivere Qui, ammanchi per oltre 400mila euro. Nello specifico, 354mila euro di prelievo contante non rendicontati e 52.779 utilizzati per beni o servizi estranei al mondo dell’accoglienza, di cui oggi sono chiamati a rispondere i tre imputati.

Si torna in aula il 23 maggio.

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