Eventi e cultura
23 Febbraio 2024
Una sfida nella sfida per l'autore che si cimenta con l'opera di Ariosto nella città in cui la scrisse

Mercadini rilegge l’Orlando Furioso a Ferrara

(Foto di Marco Caselli Nirmal)
di Redazione | 3 min

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di Federica Pezzoli

Una sfida nella sfida: è quella affrontata da Roberto Mercadini – monologhista in tv su “Splendida cornice” e su youtube – che martedì 20 febbraio ha portato il suo “Orlando Furioso” al Teatro Comunale Claudio Abbado. Non solo la sfida di evocare attraverso una narrazione teatrale il labirinto di vicende e di personaggi scaturiti dalla fantasia di Ludovico Ariosto, ma anche quella di farlo proprio nella città che ha dato i natali all’autore e al testo stesso.

E così il temerario Mercadini, proprio come un contemporaneo saltimbanco, sale su un palco spoglio di scenografia, perché sono la sua voce e la sua presenza scenica a ricreare le mirabolanti avventure del poema, che prende forma grazie alla sua capacità di stimolare la fantasia stessa dello spettatore, attraverso una narrazione fatta di capitoli, all’interno dei quali si aprono delle parentesi, botaniche, geografiche e persino cosmologiche. 

Prologo: la battaglia di Roncisvalle è stata un evento storicamente irrilevante, anzi neppure una battaglia vera a propria, ma un’imboscata dei Baschi all’esercito carolingio di ritorno dalle battaglie in terra di Spagna. Eppure da quell’avvenimento microscopico si è scatenato un incendio sontuoso di racconti e poemi: stirpi di saltimbanchi, menestrelli, cantastorie, trovatori, giullari, hanno cantato le avventure dei Paladini, fino ad arrivare ai nostri Pupi siciliani e a poeti come Boiardo e, appunto, Ariosto, che si inserisce nel solco della tradizione, ma lo fa con trovate del tutto innovative e originali. Per esempio, Ariosto prende un libro incompiuto, l’Orlando innamorato di Boiardo, scrive una intera opera e poi lascia comunque il finale in sospeso: “Il poema inizia che è già iniziato e finisce che deve ancora finire”, sottolinea Mercadini. Per non parlare poi dell’abilità ariostesca di essere contemporaneamente “epico e comico”, in particolare quando si tratta di Ruggero, che dovrebbe essere il capostipite della stirpe degli Este, la famiglia che regna su Ferrara e che fa da mecenate all’autore e alla quale quindi il poema è dedicato. “Vi chiedo di farvi questo appunto mentale – dice Mercadini al pubblico – Ruggero: non una cima!” E poi c’è il “protofemminismo”, seppure a suo modo, di Ariosto: l’eroe è, a tutti gli effetti, un’eroina. Quella Bradamante che affronta mille sfide e pericoli per il suo Ruggero, che nel frattempo si fa irretire da Alcinaa e corre dietro anche lui ad Angelica. Infine, che dire dell’ippogrifo, animale talmente assurdo che a rigore non potrebbe esistere neppure nella fantasia, e degli oggetti magici che servono per togliere gli incantesimi o del fatto che la Logica trova la propria personificazione in una maga? 

Mercadini si diverte a svelare tutte queste apparenti contraddizioni, che in realtà non sono altro che tante facce cangianti di un prisma infinito, ed è lui stesso travolgente e torrenziale nella sua narrazione per capitoli. Un omaggio più che riuscito, nella sua innocente irriverenza, che potrebbe spuntarla nel riavvicinare l’Orlando furioso anche a chi lo considera per lo più un retaggio mal digerito degli studi scolastici.

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