Mafia nigeriana. Ultimo atto in Cassazione
Si avvicina l'ultimo atto della vicenda processuale nata dalla maxi-inchiesta sulla mafia nigeriana a Ferrara
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La Comune di Ferrara sostiene Cittadini del mondo e parteciperà all’assemblea del 7 maggio alle 18 ricordando che già dal 1993 "la città è diventata più internazionale e colorata"
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di Stefania Scarfò
Dall’omicidio del giudice Paolo Borsellino a presunte combine a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 per assegnare scudetti “pilotati”, dal consumo di droga nel contesto legato al Napoli Calcio ai suoi rapporti con tanti calciatori della formazione partenopea.
C’è stato un po’ di tutto nella breve udienza andata in scena in Corte d’Assise a Cosenza nel processo a carico di Isabella Internò, unica imputata per l’omicidio di Denis Bergamini, avvenuto il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico.
A deporre un solo testimone della difesa, in un’escussione a distanza in videoconferenza da una stazione dei carabinieri di Napoli, Pietro Pugliese. L’altra testimone prevista, sempre della difesa, Emanuela Turillazzi, ha presentato certificato medico.
Pugliese, ex collaboratore di giustizia e killer della camorra (ha scontato una pena di 22 anni e mezzo in carcere perché condannato come esecutore o partecipe di cinque omicidi), ha preferito non presentarsi di persona in aula chiedendo di poter essere escusso a distanza perché “temo per la mia incolumità“.
L’uomo ha raccontato la sua militanza nel direttivo dei gruppi organizzati della tifoseria partenopea e la sua vicinanza a tanti giocatori azzurri: “Sono stato al matrimonio di Maradona a Buenos Aires, Claudia, la sua futura moglie, mi invitò perché li aiutai a recuperare cinque orologi di Diego che erano stati rubato in una rapina in una banca a Napoli”.
Nelle sue mille divagazioni anche la strage di via D’Amelio e la fine della sua collaborazione con la giustizia: “Avevo Saputo che Borsellino era stato ucciso perché voleva favorire la legge sui collaboratori di giustizia – ha detto Pugliese –. Poi, però, ho fatto un passo indietro e ho smesso di collaborare, non volevo più far parte di un sistema che aveva favorito la morte di Borsellino”.
Poi, finalmente, il caso Bergamini: “Il boss Abruzzese e altre persone in carcere a Castrovillari mi hanno parlato dell’omicidio Bergamini, perché di omicidio si tratta. Sapevo di partite combinate anche a Cosenza ma Denis era una persona per bene e non c’entrava niente con queste cose, anzi lui non voleva averci niente a che fare e per questo è stato ucciso”.
A queste affermazioni è stata la presidente della Corte Paola Lucente ad incalzarlo chiedendogli chi, nello specifico, gli avesse fatto queste rivelazioni e quali siano state le parole riferitegli. Pugliese si è però trincerato dietro i suoi timori. “Non dico di più, sanno dove sono e possono uccidermi quando vogliono. Se volete posso venire lì e dirvi altro ma devo avere delle garanzie. Io sono venuto qui senza soldi solo per Denis ma se volete che dica altro Gratteri mi deve dare delle garanzie”.
Fattogli presente che la sede e la data per la sua escussione in qualità di testimone era quella odierna e che la Corte non avrebbe mai potuto offrirgli alcuna garanzia, il teste ha deciso di interrompere la sua escussione.
Si è proceduto quindi ad acquisire i verbali delle dichiarazioni rilasciate da Pugliese nel 2018 alla Polizia nel carcere di Teramo dove era detenuto e al pm Eugenio Facciolla a Castrovillari.
A fine udienza dure le parole dell’avvocato Fabio Anselmo: “Il testimone di oggi ha detto di tutto, se avessi potuto gli avrei chiesto chi è stato il mandante dell’omicidio di John Fitzgerald Kennedy e lui probabilmente si sarebbe riservato anche di dire questo. La sua credibilità è nulla. La verità è che il cerchio intorno a Isabella Internò ormai si è chiuso”.
Si tornerà in aula venerdì 23 febbraio quando verrà ascoltata, salvo nuovi imprevisti, la dottoressa Emanuela Turillazzi, medico legale perito della difesa di Isabella Internò.
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