Forse pochi sanno che, a Venezia, la tomba di Nazario Sauro, l’eroe dell’irredentismo, è rivolta verso l’Istria, quella amata terra natia per la cui libertà e per la cui italianità aveva sacrificato la vita.
Le sue spoglie mortali erano qui giunte seguendo il destino di migliaia di esuli che, fuggendo, non vollero abbandonarle allo spregio dei Titini. E così la sua bara, avvolta nel tricolore, nel mese di marzo del 1947, abbandona via mare la “città dolente” di Pola, ormai desolatamente deserta.
L’esodo è in atto da parecchi mesi, da quando le speranze che questo ultimo lembo di terra italiana potesse tornare alla madrepatria, si vanno via via affievolendo. Nel contempo la situazione si aggrava,complice il succedersi di episodi inquietanti, tra cui una strage di innocenti, per lo più bambini con le loro famiglie, sulla spiaggia di Vergarolla.
Ormai i più si convincono che non è possibile restare, sotto quel regime terroristico non sussistono le condizioni per vivere “né da italiani, né da cristiani, né semplicemente da uomini”.
L’esodo costituì un tragico plebiscito. Oltre il 90% degli italiani decise di “votare con i piedi” e partì, abbandonando la propria casa, i propri beni, il proprio lavoro, spezzando quel profondo senso comunitario che nasce dallo stretto legame di appartenenza di ciascuno alla propria terra.
Un esodo biblico avvenuto con ogni mezzo, che si intensificherà dopo il 10 febbraio del ‘47 con il Trattato di Pace. Già il giorno 2 il piroscafo Toscana aveva iniziato i suoi viaggi, e continuerà fino al 20 marzo, trasportando il suo carico di disperazione, emblema di una troppo a lungo sottovalutata “pulizia etnica” dai contorni persecutori che usa mezzi feroci e crudeli, come testimonia l’immane tragedia delle Foibe, una pagina spaventosa di indicibili orrori volutamente nascosta nel lungo dopoguerra, e ancor oggi sottostimata.
Il governo di allora, tra imbarazzi, censure, silenzi, ma sopratutto pregiudizi ideologici, si rese complice nel consentire tacitamente che si scambiasse quello che era un sentimento di autentica italianità per un pericoloso nazionalismo di marca fascista.
Una faziosa campagna di manifesta vergognosa ostilità, portata avanti dal partito comunista del tempo contro quelli che ebbero la colpa di “nascere italiani due volte”, ebbe come conseguenza il verificarsi di atti indegni e inqualificabili, perpetrati in spregio ai nostri connazionali sacrificati, gli stessi che avevano creduto di trovare una benevola accoglienza dopo tanto dolore. Ma i fatti non cessano di esistere solo perché si tenta di cancellarne la memoria. Negando o minimizzando tragici eventi che hanno segnato la nostra storia, non si possono rimuovere le precise responsabilità di quanti, vuoi per bieca ideologia, vuoi per rapporti privilegiati con un feroce dittatore, vuoi per mere convenienze internazionali, preferirono barattare la propria identità e l’eredità di una secolare grande civiltà.
Fiorenza Bignozzi