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Molte domande e una sentenza di Ranieri Varese, “Ferrara Arte va chiusa”. La considerazione a termine di una riflessione su Periscopio alla quale dà eco anche la vicesegretaria del Pd cittadino Sara Conforti che, confessa, le “mancano molto gli interessantissimi report che arrivavano fino al 2019, in cui facilmente si trovavano tutti i dati necessari a valutare l’attività della Fondazione”.
“La Fondazione – fa notare Ranieri Varese – si caratterizza per una profonda opacità. I verbali del Consiglio di Amministrazione sono consultabili solo in sede, non si dice con quali modalità; i progetti triennali di attività, se esistono, non sono visibili; i costi delle singole esposizioni non sono analitici; i dati dei visitatori per ogni singola iniziativa non sono indicati”.
Controllando sul sito della Fondazione e cercando ad esempio nella sezione “Relazione sulle performance della Fondaziona” si apre una pagine che dice: “La Fondazione non rientra tra le amministrazioni soggette all’obbligo di pubblicazione dei dati relativi alla performance, poiché all’interno della medesima Fondazione non è prevista l’erogazione di premialità al personale dipendente”.
Sono invece pubblicati i bilanci con quello più recente relativo alle previsioni del 2023 da cui risulta un finanziamento comunale di oltre 1.400.000 € (1.300.000 di contributo sul 2023 e 100.000 di somme non stanziate nel 2022) corrispondente a oltre il 40% del bilancio. Mentre come sottolinea lo stesso Ranieri, “i verbali di seduta degli organi di indirizzo politico sono depositati presso gli uffici della direzione della Fondazione”.
Il problema di queste mancanze risiede nel fatto che, scrive Sara Conforti, “enti strumentali come la Fondazione Ferrara Arte corrono il rischio di sfuggire ad ogni forma di controllo e ad ogni legittima richiesta di rendicontazione delle scelte intraprese a fronte di un investimento pubblico molto ingente”.
Tesi che la vice segretaria del Pd riprende proprio da Ranieri che ripercorre brevemente l’intera storia della fondazione fin da quando è stata istituita nel 1991, “con la bizzarra e preoccupante motivazione che le regole amministrative comunali rallentavano e intralciavano l’attività delle gallerie d’arte moderna: andavano quindi eluse”.
Ma c’è di più perché, come si diceva inizialmente, secondo lo storico dell’arte le critiche oggi mosse al presidente Vittorio Sgarbi e la conseguente richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni, non risolverebbero i problemi. “La richiesta è inefficace – scrive -: è la struttura che va abolita, frutto di una passata scelta politica che ha danneggiato Ferrara sin dal suo sorgere“.
Ma, se inizialmente vi era per lo meno una forte presenza istituzionale all’interno della fondazione con il presidente che corrispondeva al sindaco della città e a completare il consiglio di amministrazione sedevano l’assessore alla cultura e un rappresentante della provincia, oggi questa manca. “Oggi – scrive Ranieri – la situazione è, in maniera significativa, mutata. Presidente il dottor Vittorio Sgarbi; il 22 ottobre 2021 è stato, di nuovo, profondamente modificato lo Statuto della Fondazione. È stata eliminata la coincidenza Sindaco-Presidente; il Consiglio di Amministrazione è stato allargato e il Comune non ne ha più il controllo; è stata istituita la figura del Direttore; è stato previsto un Comitato Culturale, mai attivato”.
Conforti nota inoltre come “i progetti triennali di attività, rimangano probabilmente nelle intenzioni rendendo completamente vano ogni tentativo di commercializzare il prodotto turistico legato alle esposizioni temporanee che nelle altre città d’arte limitrofe tanto genera incoming”.
Fa poi notare come, nonostante la presenza del bilancio, “i costi delle singole esposizioni non sono analitici”, mentre “i dati dei visitatori per ogni singola iniziativa non sono indicati”. Così come non sono indicate le presenze analitiche legate a particolari promozioni come la scontistica per chi è in possesso di un biglietto del Ferrara Summer Festival o a maggio di quello di Bruce Springsteen. O quelle legate ad aperture straordinarie durante particolari eventi.
“Fino a che punto – continua Conforti – la mostra si è ripagata da sola” e “in quanta parte per ciascuna mostra è stato necessario l’intervento pubblico a fondo perduto?”
Analizzando il bilancio di previsione del 2023 e prendendo in considerazione la mostra più iconica dell’anno, Ercole de Roberti e Lorenzo Costa, tenutasi a palazzo dei Diamanti, vediamo che ha avuto un costo di 1.431.900 € e ha generato introiti da biglietti per 791.700 € e da bookshop per 250.000 €. A questi sono da aggiungere le sponsorizzazioni di Bper (31.200 €) e di Versalis (90.000 €) generando così un totale di 1.162.900 € di ricavato e un costo per il pubblico di 269.000 €.
Una parte delle risposte si possono quindi avere dall’analisi del bilancio mentre altri dati non sono facilmente reperibili. Sapendo che il biglietto della mostra sul rinascimento era di 15 € possiamo stimare per la mostra sul Rinascimento, al netto delle riduzioni e delle gratuità, ingressi tra le 50.000 e le 60.000 unità.
Non si tratta però di dati ufficialmente indicati sul sito della Fondazione e i “consiglieri del Partito Democratico attendono dall’11 gennaio i dati di accesso a mostre e musei. I consiglieri non dovrebbero attendere per ottenere dati funzionali allo svolgimento della propria funzione”.
“Esercitare il proprio legittimo diritto/dovere di opposizione – commenta Conforti – è ogni giorno più difficile. Mi sento davvero di richiamare la macchina amministrativa, tutta, ad una maggiore trasparenza”.
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