“Un incontro molto positivo. Una bella mattinata di condivisione”. Sono le parole con cui Marco Magri, professore ordinario di diritto amministrativo di Unife, ha raccontato l’evento “Giornata della Legalità. Discussione pubblica sulle mafie” organizzata dalla scuola secondaria di primo grado Dante Alighieri. Accanto al professore anche Margherita Asta a raccontare l’associazione “Libera. Contro le mafie” e soprattutto la sua vicenda personale per un’iniziativa che “tende a diffondere la cultura della legalità”.
Il 2 aprile del 1985 infatti i sui due fratelli gemelli, Salvatore e Giuseppe, e la madre Barbara Rizzo morirono durante l’attentato rivolto al pm Carlo Palermo in quella che è conosciuta come la strage di Pizzolungo. In quella giornata Cosa Nostra aveva pianificato l’attentato al sostituto procuratore di Trapani ponendo una macchina di tritolo al margine della strada. Quando però Palermo arriva in prossimità del luogo previsto per l’attentato supera una Volkswagen Scirocco a bordo della quale si trovavano proprio Barbara Rizzo e i gemelli Salvatore e Giuseppe Asta. Gli assassini non si fanno alcuno scrupolo e fanno esplodere con un comando a distanza l’ordigno che distrugge la Scirocco e come disse Margherita i fratelli in “una macchia sul muro”. Carlo Palermo sopravvisse e anche i quattro agenti di scorta che lo seguivano, tutti rimasero feriti ma due agenti in modo più grave.
Margherita Asta durante l’incontro ha così raccontato alle ragazze e ai ragazzi della “Dante” la sua vicenda personale raccontando anche “cosa ha percepito in tutti i processi in cui ha dovuto testimoniare”. Alla fine tra i mandanti furono individuati Salvatore Riina, Vincenzo Virga e Vincenzo Galatolo mentre Vincenzo Milazzo, Gioacchino Calabrò, Filippo Melodia, Baldassare Di Maggio, Antonino Madonia furono individuati come esecutori materiali.
Magri ci racconta che si è trattato di un incontro molto partecipato con gli alunni che hanno incalzato i protagonisti con molte domande che hanno spaziato dalla curiosità rispetto a cosa fa chi studia le mafie sia sul fenomeno mafioso che sugli strumenti di contrasto. In particolare Magri ha spiegato come la mafia sia una “forma di privazione di diritti in nome di interessi soprattutto economici accompagnati poi da atti violenti in diversa misura a secondo del periodo storico che analizziamo”.
“Tutti credono – spiega il professore – che la giurisprudenza sia il terreno della legge e che quindi la legalità sia una condizione di obbedienza”. In realtà “io ho cercato di far capire che è soprattutto una scelta di libertà perché soprattutto fenomeni come la mafia ci tolgono diritti e risorse, opprimono”.
Un incontro che ha “molto arricchito” il professore ma anche “molto impegnativo perché si deve cercare il modo di intercettare dei ragazzi così giovani e quindi è stato davvero molto stimolante”. Ma anche “un modo di trasferire le nostre conoscenze anche all’esterno, alla società civile”.
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