di Sara Bolognesi
Lo sport come risposta al disagio sociale e come strumento rieducativo per i detenuti. Anche nel penitenziario di Ferrara proseguono le attività di “Sport di tutti – Carceri”, con l’iniziativa “Meta comune”. Nel pomeriggio di mercoledì 17 gennaio, infatti, gli atleti della Nazionale Fir hanno incontrato la squadra di rugby della Casa Circondariale di Ferrara, per un momento di sport, unione e condivisione.
L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle attività previste dai protocolli d’intesa stipulati con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e con il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità (Dgmc). Un progetto della durata di 18 mesi che promuove la salute e il benessere psicofisico dei detenuti attraverso lo sport, come strumento preventivo ed educativo.
Antonella Gualandri, consigliere nazionale della Federazione italiana rugby con delega alla sostenibilità sociale, racconta l’impegno portato avanti nelle carceri italiane: “Sono 16 gli istituti di pena in cui operiamo dal 2017. Svolgiamo esperienze importantissime in diverse città italiane e questo progetto è il risultato del lavoro di persone con una sensibilità sociale incredibile, che cercano di aiutare nel provare a rieducare le persone che hanno sbagliato”.
Rugby 27 Ferrara, di cui Stefano Cavallini è presidente, è la società portabandiera del progetto. “Il numero 27 riportato nel nome della società non è casuale, ma fa riferimento all’articolo 27 della Costituzione in cui si parla esplicitamente della funzione rieducativa della pena” – spiega Cavallini. “Nel carcere di Ferrara, con cui lavoriamo dal 2021, sono molte le iniziative che vanno proprio in questa direzione, tra cui questo progetto”.
“Lo sport è fondamentale in carcere, perché insegna a stare insieme”, afferma Maria Nicoletta Toscani, direttrice della Casa Circondariale di Ferrara. “Il rugby è solo una delle attività svolte dai detenuti. È uno sport che mi ha sempre preoccupata e che richiede molta attenzione. Per questo motivo, nel portare avanti questo progetto, c’è stato fin dall’inizio un grande impegno nel proteggere sia il personale che i detenuti”.
La direttrice Toscani ribadisce più volte l’importanza dell’attività sportiva e il suo valore educativo: “L’elemento fondamentale della squadra – come in una famiglia – è la collaborazione, la creazione di una rete tra le persone che apprendono il proprio ruolo e il rispetto delle regole per lavorare insieme verso un obiettivo comune”.
Un tassello importante di questa iniziativa è la presenza degli atleti, che si interfacciano con una realtà e un contesto diverso da quello in cui si trovano quotidianamente. Proprio da loro è partita la richiesta di partecipare a questo progetto. “Vedere come si sviluppa il rugby in diverse realtà è un’opportunità molto preziosa e un’esperienza che sicuramente permette di imparare molto”, afferma Aura Muzzo, atleta della nazionale italiana femminile di rugby. Le fanno eco Giacomo Nicotera e Marco Zanon, rispettivamente tallonatore e trequarti della nazionale maschile, che entusiasti di partecipare al progetto ribadiscono l’importanza della squadra, del rispetto delle regole e della responsabilità sociale nello sport.
“È un lavoro sul piano fisico”, aggiunge la direttrice Toscani riprendendo l’immagine della famiglia e sottolineando “l’importanza di un oggetto concreto finalizzato a qualcosa. La divisa per i detenuti è sostanziale, è il primo momento in cui sentono di poter indossare un vestito nuovo. Cose che per noi sembrano banali, per loro sono fondamentali”. Rugby 27, infatti, per l’occasione porterà in dono alcuni capi d’abbigliamento, tra cui le magliette della nazionale.
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