Cronaca
9 Gennaio 2024
Sentito in aula Andrea Zattoni, capocantiere della Welding Duebi Srl, che si occupò di sistemare la copertura della curva Est. Tra i testimoni anche l'ex dg biancazzurro Gazzoli: "Il primo sequestro fu un duro colpo per l'immagine della Spal"

Lavori al Paolo Mazza. “Riscontrammo criticità durante il montaggio”

di Davide Soattin | 4 min

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È tornato in aula con l’inizio del nuovo anno il processo nato dalle presunte anomalie strutturali riscontrate nei lavori di adeguamento allo stadio Paolo Mazza effettuati nel 2018 e portati alla luce nel 2019 con l’inchiesta della guardia di finanza che, coordinata dagli uffici della Procura di via Mentessi, oggi vede imputate cinque persone.

Ieri, lunedì 8 gennaio, davanti al giudice Marco Peraro, è stato sentito Andrea Zattoni, che dal 2016 riveste il ruolo di capocantiere della Welding Duebi Srl, ditta che all’epoca dei fatti, durante le operazioni, si occupò di sistemare la copertura della curva Est.

In aula, rispondendo alle domande della pm Barbara Cavallo, il responsabile dell’azienda ha confermato di averriscontrato alcune criticità al momento del montaggio“. Nello specifico ha parlato di alcune piastre “che non erano perfettamente in quota, mentre altre erano storte“. “Avevamo suggerito – ha aggiunto – di rimetterle come dovevano essere messe in modo da ripristinare il lavoro e portarlo in conformità, ma alla fine abbiamo eseguito quello che la direzione lavori ci aveva detto di fare“.

“Abbiamo quindi usato rondelle e viti più lunghe per spessorarle” ha concluso, riferendosi al mancato contatto tra le piastre che, già aveva evidenziato il professor Bernardino Chiaia, esperto nominato dal giudice Andrea Migliorelli per effettuare una super-perizia sulla conformità dei lavori di adeguamento allo stadio, necessari – a quel tempo – per permettere alla Spal di giocare in casa nel rispetto delle norme previste per i club che disputavano il campionato di in Serie A.

Posizione della Spal – oggi parte civile nel procedimento – che, durante l’udienza di ieri, è stata rappresentata dall’ex dg Andrea Gazzoli, oggi allo Spezia, presente per ripercorrere la genesi operativa e progettuale per la messa a norma del Paolo Mazza. “Avevamo scelto di affidare i lavori alla Tassi Group, che era già nostro sponsor di maglia e partner dalla stagione precedente, dopo aver comunque avviato un’indagine di mercato effettuata su circa cinque o sei preventivi” ha esordito.

“Il primo sequestro (quello di luglio 2019, ndr) è stato un duro colpo per l’immagine del club, ma non solo. A metà estate, un fatto così grave finisce inevitabilmente per avere ripercussioni sulla campagna abbonamenti, sugli sponsor e anche sul calciomercato, ma abbiamo cercato di ridurre al minimo i disagi e col lavoro di tutti ci siamo riusciti. Col secondo sequestro preventivo (quello di agosto 2021) invece, nonostante qualche altro problema, si è deciso, con l’arrivo della nuova proprietà, di risolvere la questione stadio una volta per tutte” ha proseguito.

Una questione che, secondo il direttore generale, relativamente ai costi sostenuti per mettere mano alle varie situazioni nate dalla vicenda, sarebbe costata alla società di via Copparo un esborso che si aggirerebbe intorno a “circa 1 milione di euro“.

Tra i testimoni ascoltati anche Fabio Galli, group credit manager della holding di controllo dei servizi della Manni Sipre, un’azienda fornitrice di opere di carpenteria. A lui è toccato dettagliare i rapporti tra la sua azienda, la Tassi Group e la Gielle che, secondo quanto ritenuto dalla Procura, sarebbe una società interposta fittizia tra il blocco rappresentato dalla Tassi e dalla Piemme Group e quello della Manni Sipre, appunto.

“Fu la Tassi Group – ha affermato – a coinvolgerci nei lavori allo stadio di Ferrara. La Gielle ci venne direttamente segnalata da lei, dal momento che a noi era totalmente sconosciuta. Ricordo che fu chiesto e concesso affidamento all’assicurazione del credito e che aveva come amministratrici due signore che provenivano dal settore della cosmetica e non da quello della carpenteria. Chiedemmo degli acconti sulla fornitura e la prima fattura venne versata senza problemi. Poi però i pagamenti tardarono ad arrivare e bloccammo le forniture. Fu in quel momento che Tassi si accollò i pagamenti che Gielle non fece pur di andare avanti col progetto e non subire ritardi”.

Alla sbarra, nel procedimento in corso in tribunale a Ferrara, ci sono finiti Giuseppe Tassi, capo dell’azienda Tassi Group, capofila del progetto, e difeso dagli avvocati Giulio Garuti e Paolo Loberti, e il progettista e direttore dei lavori Lorenzo Travagli, entrambi con l’accusa di frode nelle pubbliche forniture. Con loro Domenico Di Puorto e Adelino Sebastianutti, amministratori di fatto di Gielle e Piemme Group, la cui condotta avrebbe sollevato gli altri due amministratori di diritto delle società, per lo stesso capo d’accusa.

A questi si aggiunge il collaudatore Fabio Chiogna, difeso dall’avvocato Vincenzo Bellitti, accusato di falso commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per aver attestato la conformità dei lavori della curva Est, nonostante secondo la Procura c’erano sufficienti evidenze per prendere decisioni differenti.

Si torna in aula il 22 gennaio.

 

 

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