di Davide Nanni*
Le immagini raccapriccianti girate all’interno del Cpr di via Corelli, a Milano, durante un recente sopralluogo della Guardia di Finanza dovrebbero far riflettere il sindaco Fabbri sull’opportunità di presentare ai ferraresi luoghi simili come una “opportunità” per aumentare la sicurezza del nostro territorio.
La struttura detentiva milanese, simile a quella che il governo intenderebbe costruire a Ferrara nella zona dell’ex Aeroporto militare, si è presentata agli occhi dei militari, intervenuti dopo diverse denunce per “violazione dei diritti umani” più elementari, in condizioni estreme.
Le indagini hanno permesso finora di acquisire foto, chat e video che mostrano migranti con problemi psichici parlare da soli e dormire in terra senza alcuna assistenza, vermi nel cibo servito alla mensa, uomini trascinati di peso, altri in preda ad attacchi epilettici sull’asfalto.
Qualcuno ha già paragonato quel luogo ai famigerati Opg, i manicomi criminali chiusi pochi anni fa. La gestione di un Cpr come quello di Milano costa in media allo Stato italiano circa 5 milioni di euro: risorse che dovrebbero assicurare un trattamento assai più dignitoso e umano a persone in attesa di rimpatrio per semplici reati amministrativi, come il mancato rinnovo del permesso di soggiorno o il rigetto della domanda d’asilo.
Purtroppo, tra i video in possesso degli inquirenti, non mancano immagini molto forti: tentativi di suicidio che dimostrano, ancora una volta, quanto siano insostenibili le condizioni di vita e detenzione nella rete dei Cpr, che il governo Meloni vuole implementare. Fughe e rivolte di detenuti sono spesso all’ordine del giorno in queste strutture che la destra ferrarese presenta sulla stampa come luoghi di “massima” sicurezza.
Quanto accaduto a Torino nei primi mesi del 2023 dimostra che non lo sono affatto: una ribellione di vaste proporzioni ha indotto le autorità ad evacuare molti dei 121 migranti detenuti in attesa di rimpatrio, poi il 20 febbraio le poche persone rimaste hanno incendiato la parte ancora agibile del centro imponendone la chiusura.
Episodi analoghi sono avvenuti in altri Cpr sparsi per l’Italia come quello di Pian del Lago, a Caltanissetta, dove alcuni migranti esasperati dalle pessime condizioni detentive sono saliti sul tetto per protesta, hanno provocato incendi e ferito con il lancio di sassi gli agenti intervenuti per calmare la situazione.
Nonostante questi fatti siano noti e di dominio pubblico, il sindaco Fabbri ha raccontato ai ferraresi la favola dei Cpr come “centri vigilati e protetti”, avulsi dal contesto cittadino. I primi a smentire queste rassicurazioni, però, sono stati i sindacati di polizia che, proprio a Ferrara, lamentano da tempo carenza di personale in Questura e nella Polstrada.
Prima di costruire un nuovo Cpr, dicono giustamente, bisognerebbe aumentare la capacità di presidio del territorio assumendo nuovi agenti, anche perché entro il 2028 ne andranno in pensione 28mila in tutta Italia. Un grido d’allarme lanciato anche a livello nazionale, nel mese di luglio: mancano 10mila unità nelle forze dell’ordine, una carenza cronica, e nelle province dove esistono Cpr il personale per sorvegliarli viene sottratto al controllo del territorio o al contrasto della criminalità organizzata.
Occorre dunque riflettere molto bene sulle possibili ricadute negative che la costruzione di un Cpr avrà per la sicurezza urbana a Ferrara, non solo nel quartiere di via Bologna, dove la struttura impatterà maggiormente. Nel 2021 l’area dell’ex Aeroporto militare, a pochi passi dai quartieri residenziali sorti attorno all’Ipercoop, sarebbe dovuta diventare un parco pubblico, attrezzato per eventi e attività sportive, grazie ad una permuta di terreni col Demanio poi bloccata dalla giunta Fabbri per i dissidi interni all’attuale maggioranza sulla riqualificazione dell’ex Mof.
Oggi il governo Meloni, in quella stessa zona, vorrebbe costruire un Cpr che non porterà maggiore sicurezza ai ferraresi e non risolverà il problema dell’immigrazione clandestina in Italia: appena il 50% dei circa 1500 stranieri detenuti in questi centri viene effettivamente ripatriato, mentre si stima che i migranti irregolari presenti nel nostro paese siano almeno 500 mila.
In compenso, è molto probabile che Ferrara salirà alla ribalta delle cronache nazionali non più o non solo come città d’arte e cultura, bensì per episodi simili a quelli di Torino, Caltanissetta e Milano. Non proprio un grande affare per chi continua a fare della “sicurezza” e della “rinascita” i propri cavalli di battaglia in campagna elettorale.
*consigliere comunale Pd Ferrara
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