Attualità
4 Dicembre 2023
Il comico ferrarese: "Era una persona dotata di un sarcasmo feroce, in grado di abbattere un cinghiale a parole"

Fantoni racconta Villaggio in “Operazione Fantozzi”

di Redazione | 4 min

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Da qualche settimana in libreria si trova Operazione Fantozzi di Gianni Fantoni (Sagoma Editore), comico ferrarese che ha iniziato la sua carriera negli anni ’90 proprio con l’imitazione di Paolo Villaggio nel programma Stasera mi butto su Rai 2. Un libro che racconta di come “un ragazzino di provincia sia diventato l’erede unico designato da Paolo Villaggio per vestire i panni di Fantozzi, il suo personaggio più iconico” e di come Fantoni “cerca di realizzare l’idea assurda e meravigliosa di fare di Fantozzi un musical per il teatro”.

“Il libro – ci racconta Fantoni – è una raccolta di tutto quello che è capitato negli ultimi otto anni dal momento in cui mi è venuto in mente di trarre uno spettacolo teatrale dai primi tre libri di Fantozzi. E siccome è stata una vicenda molto molto travagliata durata per degli anni, sembrava che partisse poi non partiva, poi sembrava che ripartisse e poi non ripartiva, sembrava che ririparitisse e poi non riripartiva. Questo tira e molla a un certo punto mi è parso valesse la pena raccontarlo”.

Il debutto di Fantozzi. Una tragedia arriverà a fine gennaio con la produzione del Teatro Nazionale di Genova e la regia di Davide Livermore, “uno dei più grandi registi mondiali” spiega il comico aggiungendo che cercare di convincere Villaggio a “vendermi i diritti per Fantozzi” sembrava “una cosa inaudita” e “tutti – io compreso – mi davano del matto”. Il libro, spiega Fantoni, “è la preparazione di quello che verrà fuori a gennaio, la narrazione di come si è arrivati allo spettacolo”. “Mentre narravo la vicenda – dice -, che è la seconda parte del libro” in cui si racconta di “come mi è sorta l’idea di fare questa cosa fino al compimento, mi è venuto in mente di cercare di analizzare il perché io mi sia così tanto focalizzato su Villaggio”. Proprio questa è “la prima parte del libro”, dove si spiega “come si è formata in me questa passione, da dove deriva e i primi passi che mi hanno incoraggiato ad andare avanti in questo cammino”.

Intanto ne è uscito un libro “godibilissimo” per la figlia di Paolo Villaggio, Elisabetta. Un libro attraverso il quale “Gianni scava con profondità e dolcezza nell’animo di mio padre. Non c’è adulazione ma grande ammirazione e una buona dose di sana e attenta critica ai lati più nascosti di mio padre, non solo come artista, o inventore di moltissimi personaggi, ma anche come persona”. “Quando sei davanti a questi personaggi molto noti – commenta Fantoni – anche se hanno dei lati scomodi molto spesso nelle biografie o comunque nei racconti che si fanno di loro a livello pubblico si tende a fare un’agiografia. Si tende a eliminare le asperità caratteriali perché forse potrebbero nuocere al raccontatore stesso che potrebbe passare più per un pettegolo più che per un cronista. Invece io devo dire che in questo, proprio per il grande amore che ho sempre avuto per lui, senza nascondere i suoi lati un po’ puntuti sono riuscito a mantenere l’equilibrio nel racconto. Perché lui era così per cui non ho esagerato nulla e Elisabetta me lo ha riconosciuto”. 

Di Villaggio Fantoni, in un passaggio del libro, dice di amare “la sua spudorata ferocia“.

“Villaggio – spiega -, fuori da Fantozzi, era una persona dotata di un sarcasmo abbastanza feroce, in grado di abbattere un cinghiale a parole“. La battuta era però “talmente feroce che faceva il giro e diventava comica”. Chiaramente “se uno non riusciva a capirne bene il significato poteva rimanerci male” ma “se invece capivi che era veleno a salve potevi divertirti e immunizzarti”.

Non sempre “era facile digerirlo perché è una comicità molto sottile”. “Villaggio quando faceva Fantozzi era quasi per tutti perché era una specie di cartone animato o meglio lo è diventato negli anni, con gli ultimi. Mentre i primi erano un po’ più colti con un po’ di satira sociale e più profondi. Poi era diventato una specie di cartone animato e quindi andava bene per tutti, anche per i bambini”.

Il comico genovese però “era diverso da Fantozzi, era colui che lo aveva inventato e che lo interpretava. Era qualcosa che conteneva Fantozzi, una persona di una cultura molto molto alta e quando hai un livello culturale alto ti vengono battute alte”. “Fantozzi era per tutti – chiosa Fantoni -, Villaggio per pochi, tant’è vero che era più simpatico Fantozzi di Villaggio per la gente e lui non faceva nulla per farsi amare, si divertiva a essere così”.

Villaggio è colui che ha scritto il testo di Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poiters, un testo estremamente ironico. “Si ma anche estremamente colto” sottolinea l’autore di Operazione Fantozzi che nel libro fa notare come in Italia nessuno si sia avvicinato al talento del comico genovese “perché Campanile, uno dei più prolifici negli anni ‘50 e ‘60, ha scritto delle cose molto divertenti ma non ha quella grandezza” e neanche “quella modernità”. Villaggio, “non è modernista, è moderno”, è uno che, ancora oggi, a distanza di anni, “fa ridere con cose scritte negli anni ’70”, paragonabile per Fantoni a Woody Allen, “talenti rari”. 

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