Il riferimento, ovviamente, è alle elezioni comunali del 2024 e alla candidatura a sindaco/a delle forze politiche che attualmente formano la minoranza.
Prendete una stanza vuota, con solo una sedia davanti a uno specchio, e metteteci seduto/a un/a progressista, poco o tanto di sinistra non importa, ma intelligente, brillante e con uno spiccato senso civico, a dialogare con se stesso/a.
Tempo mezz’ora e dalla stanza si leveranno sempre più accese discussioni, fino a che uno/a dei/delle due – e fermarsi a due è una semplificazione – uscirà sbattendo la porta, lasciando l’altro/a, nella sua forma ectoplasmatica, a cercare la sua immagine allo specchio fattasi trasparente. Solo allora, nell’insanabile lacerazione, si sarà finalmente compiuta la netta dicotomia che si andava cercando tra il realismo e l’ideologia, tra il fare e il teorizzare, tra l’io concretista e quello sognante, con il risultato che non vi sarà alcuna soluzione unitaria e che ogni metà dell’unica persona che ha provato a trovare una sintesi con se stessa resterà fieramente sulle sue, come piace tanto alla gente di sinistra, poco o tanto non importa, perché ciò è conforme al più alto concetto di libertà di pensiero.
Alle ultime elezioni la Ferrara tradizionalmente rosso-rosa con sfumature di giallo-verde ha preso una clamorosa batosta. Niente da ridire, se si fosse trattato soltanto di una normale e sana alternanza democratica. Molto da ridire, invece, se si pensa a quanto penose e fallimentari siano state le manovre per individuare un candidato – a quei tempi declinabile al solo genere maschile – da opporre al matildeo leghista Alan Fabbri.
Ebbene, a quanto pare la lezione non è bastata. Invece di procedere nei confronti inter-forze con prudente e saggia riservatezza, in modo da trovare un accordo accettabile e presentarsi agli elettori con una candidatura unica, condivisa e convinta, il centrosinistra ha pensato bene di uscire con due candidati contrapposti in apparente rappresentanza – sempre spaccando il capello con l’accetta – di intenzioni politiche e programmatiche che ricordano tanto quelle che furono di Bonaccini e Schlein per la guida del PD, ossia una visione più moderata e inclusiva da un lato, stile “campo largo”, e una più intransigente e propensa a recuperare certi valori perduti, d’altro lato. Un uomo e una donna.
Un personaggio digià noto per la sua professione, che ha dimostrato di saper tenere testa ai poteri forti e che ha dichiarato di essere disponibile a condizione di non risultare divisivo. Un’accademica sconosciuta a quanti dovrebbero votarla, ma che si vuole parta avvantaggiata in quanto donna, con esperienze nel diritto del lavoro. Li accomuna il fatto di non essere politici di professione. Almeno questo è già qualcosa.
Ed eccoli lì, ora, gli schieramenti pro l’uno o l’altra, non i potenziali candidati, ad affrontarsi in un dibattito reso pubblico che sa tanto di incitamento delle rispettive tifoserie, senza avere permesso ai candidati stessi di esprimersi, di proporre pubblicamente una propria visione di città, di raccontare ai suoi abitanti cosa e come intenderebbero fare se mettessero la fascia tricolore al petto.
Risultato? Coloro che vorrebbero vedere Alan Fabbri ritornare ai lidi di provenienza sono partiti male, questa frittata è ormai stata fatta, mentre l’agguerrita “corazzata” di centrodestra, giustamente, se la ride.
E nel frattempo il PD tace… perché non vuole ripetere gli errori delle precedenti amministrative e sa bene che se parlasse sbaglierebbe comunque. A questo è ridotto oggi il partito di maggioranza dell’opposizione. Evviva!
Il tempo è poco, ma ci sarebbero diversi modi per tentare di rimediare:
– un/a candidato/a si ritira, a titolo personale;
– uno dei rispettivi schieramenti rinuncia motu proprio alla belligeranza e si arrende, una volta trovato un accordo per ottenere comunque peso e visibilità in caso di vittoria elettorale;
– uno dei rispettivi schieramenti promette all’altro peso e visibilità in caso di vittoria elettorale, e lo induce a ritirare le armi fratricide;
– si sfrega la lampada di Aladino et voilà… spunta un/a terzo/a candidato/a, utile solo a sedare gli animi e perciò perdente in partenza;
– si organizzano di corsa delle consultazioni popolari, ossia delle primarie, quale migliore espressione dell’esercizio democratico.
In ogni caso, sarebbe ora di sentire cosa hanno in mente i candidati odierni per la città. O no?
Roberto Giacometti