di Rita Tagliati*
Ci sono alcune apparenti contraddizioni nell’intervento del senatore Balboni sul Cpr da aprire a Ferrara.
La prima è l’affermazione di fondo “Si applica una legge approvata dall’allora governo a guida Pd, ergo il Pd non può lamentarsi”. La frase forte è usata da Balboni nella trita e ritrita modalità di attaccare gli avversari scaricando su di essi il peccato originale. Come se i ferraresi – non certo felici di ospitare un Cpr – nelle prossime elezioni amministrative debbano prendersela col Pd che ha approvato la legge e premiare la brava destra che è costretta ad applicarla.
Immagino che i sostenitori dell’attuale Giunta comunale si augurassero, viceversa, che proprio il colore politico dominante fosse in grado di orientare il Governo amico a risparmiare Ferrara dall’elenco dei nuovi Cpr.
La seconda riguarda l’assioma balboniano “ospitare il Cpr si tradurrà in maggiore sicurezza per cittadini”. L’illusione da trasmettere alla popolazione consiste nella prospettiva di liberare la città da presenze indesiderate, giacché esisterà il luogo adatto per “loro”. Il senatore sa benissimo cosa sia un Cpr e quanto sia estraneo alla gestione degli immigrati regolari e irregolari che vivono fra noi. Gestione che risponda a criteri generali delle leggi sovraordinate, ma che è affidata alla capacità amministrativa locale, alla volontà di collaborare proficuamente con enti di volontariato e forze dell’ordine, alla semina di valori sani per la convivenza civile.
Le giudico contraddizioni apparenti perché il senatore Balboni sa sempre benissimo cosa e come dire, interpretando e utilizzando pro domo sua “la pancia” degli elettori, ai quali non spiega tutte le verità, compresi i vantaggi per la sua parte politica dalla collaborazione (obtorto collo?) con il Governo e i suoi ministri, generosi fornitori a richiesta di plotoni a guardia di parchi recintati.
Il nostro arcivescovo Perego ci spiega, invece, molto bene che cosa siano i centri e la loro funzione. La legge che li istituisce non dice che debbano essere prigioni punitive e umilianti, mentre il loro allestimento, l’organizzazione, i tempi burocratici, le finanze inadeguate li hanno trasformati in carceri disumane. A mons. Perego non interessa se la doverosa soluzione sia di destra o di sinistra. Egli parla di atteggiamento delle persone verso altre persone, di spirito di accoglienza contro chiusura generalizzata, di sentimenti collettivi da orientare verso la pace e non da aizzare verso ipotetici nemici che minino la nostra sicurezza.
In tutti gli altri autorevoli protagonisti intervenuti sul tema, emerge fortemente la sindrome di Nimby: il problema esiste, le leggi europee e italiane l’hanno regolamentato, i centri si devono fare, ma non qui.
Anche l’eventualità di avere un Cpr a Ferrara contribuisce a rendere chiare le visioni delle parti politiche e sociali.
Da un lato, la limpida città ideale di Balboni e Naomo: pelle chiara di qua e pelle non chiara di là; bianchi bravi, scuri delinquenti; luoghi di detenzione in periferia, protetti da truppe armate fino ai denti che nel tempo libero possano aiutare le truppe armate adibite ai controlli entromura. Il regime poliziesco di destra che si giova delle leggi di sinistra. Rigore, repressione e negazione di diritti fondamentali per gli estranei invasori; manica larga per chi non rispetti le regole (fiscali, edilizie, urbanistiche, ambientali) ma è italiano doc (e magari voti a destra).
Dall’altro lato, l’arcivescovo sposta il concetto focale sulla persona. Non solo sulle persone da accogliere e trattare come esseri umani, ma anche su quelle che accolgono. Le persone che scrivono leggi, quelle che amministrano e attuano le norme. Le persone capaci delle famose azioni positive che costruiscano comunità pacifiche, operose e responsabili. Monsignor Perego sprona la mente di ciascuno di noi a risolvere i problemi prima che diventino realtà critiche: la coscienza intima e civica dei cittadini chieda coerenza fra tutti gli atti amministrativi e armonia fra le scelte di settore che insieme possano generare la città giusta.
Ci sono altre visioni, oltre a no preconcetti, rintuzzi di sottigliezze semantiche, permalismi e querele, disaccordi su nomi di candidati, polemiche su singoli interventi, continui distinguo che evitino unità d’intenti?
*vicesindaco del Comune di Ferrara dal 2005 al 2009
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