L’apatia popolare è rara in Val Padana, fuorché nel ferrarese dove perdura da secoli: quando arrivò il turbine della rivoluzione francese, i sudditi locali – angariati da sempre – non infilzarono sulle picche le teste dei nobili dominanti. Ecco perché, da allora, chi ottiene il privilegio di sedere sulle poltrone del Palazzo Ducale teme solamente le piaghe da decubito sulle natiche.
L’apatia di massa non è sgradita al Potere, salvo nei periodi elettorali quando l’indifferenza per il voto è un’incognita seria. In effetti, il dovere di scegliere fra candidati noiosi come la polvere e che spacciano ciarle per “programmi” somiglia all’obbligo di Fantozzi di sciropparsi “La Corazzata Potëmkin”. Perciò finché mancherà la riapparizione delle idee (nascono da una dimenticata attività mentale chiamata “pensiero”) è inevitabile l’astensionismo, peraltro giustificato dal fatto che finora gli eletti hanno sempre rafforzato i guai preesistenti. Al già grave inquinamento atmosferico, idrico e del suolo s’è aggiunto il peggioramento di quello acustico e luminoso: il chiasso ritmato ad altissimo volume è stato ribattezzato “musica”, e “l’illuminazione pubblica” serve da spudorato pretesto per moltiplicare il numero di lampade stradali indipendentemente dalle necessità.
Poiché la nobiltà feudale esiste ancora con altri nomi, tipo “società private di diritto pubblico” (Hera è fra queste) riscuotendo sempre più ammirazione e deferenza, i politici non possono esimersi dal profondo rispetto per i desideri dei feudatari. La soggezione però li confonde, così sfuggono loro molte cose. Quali, ad esempio, se i prezzi di gas e acqua vanno alle stelle; o se l’assenza di manutenzione ai marciapiedi crea piste da tracking; o se le caditoie otturate trasformano le strade in torrenti ad ogni pioggia; o se l’acqua potabile è controllata solo nei pochi termini di legge, cioè all’ingrosso (così nelle cucine di Ferrara spesso si farà il brodo al PFAS, inquinante eterno molto in voga); o se a dispetto degli oltre mille dipendenti comunali il Comune appalta a ditte esterne quasi tutto, comprese le tassazioni locali (ICA, spa romana); o se tanti psicopatici sono lasciati liberi di lordare ogni parete pulita in città con bombolette spray; e così via nel disservizio permanente che i candidati alle elezioni, parlando d’altro, promettono implicitamente di conservare!
Gli atarassici amministratori in carica trovano perfino utile allestire un “Ferrara Festival Food”, nonostante vada sempre in scena fra bar e distese di tavoli il Festival Drink & Food. Sembra che nessuno si accorga che pure i preadolescenti bevono alcolici e superalcolici, e che l’esagerazione di bar cittadini si regge non servendo tazzine di caffè, ma smerciando ettolitri di alcol, favorendo così la crescita di generazioni di ubriaconi (i più portati ad assumere sostanze psicotrope), nella convinzione che un centro privo di movida ad alto contenuto alcolico sia un mortorio. A riprova che la festa permanente, diventata routine, è l’anticamera dello sballo.
Antiche mappe contrassegnavano con la scritta HIC SUNT LEONES aree limitrofe ai confini imperiali, nelle quali si presumeva l’assenza di civiltà. Il mensile Limes, periodico di geopolitica contenente necessariamente tante mappe, prima o poi pubblicherà quella dell’etilismo nel mondo. E con l’occasione, Ferrara, anch’essa con la sua brava dicitura “HIC SUNT BEONES”, si guadagnerà un altro momento di celebrità.
Auguri, Ferrara!
Paolo Giardini