(Foto di Riccardo Giori)
“Prendete e mangiatene tutti. – Leggono la poesia di Erri de Luca ‘Per i morti nel Mediterraneo’ –
Questi sono i corpi planati a braccia aperte sul fondale. In terra sono stati crocefissi, ora sono del mare e di voi pesci. Prendete e mangiatene tutti, che non avanzi niente, nessuna delle corde vocali che hanno gridato a vento. Fate questo in memoria di noi che rimaniamo a riva. Lasciatevi afferrare dalle reti per essere venduti sul banco del mercato, dove i sopravvissuti furono venduti. Sarete sulle nostre tavole imbandite. Di voi, sazi di loro, mangeremo tutto. Conservate una spina per le nostre gole, toglietela dalla corona dei perduti”.
La notte del 3 ottobre 2013 a poche miglia da Lampedusa muoiono 368 persone, i superstiti sono 155, di cui 41 minori. Li ricordano con le parole di Pietro Bartolo, all’epoca medico di Lampedusa: “Il primo giorno arrivarono 111 sacchi, che contenevano il corpo di persone da identificare. Ho pregato che il primo non fosse un bambino, ma non sono stato ascoltato. Quel bambino torna ancora nei miei incubi, chiedendomi perché non l’ho salvato”.
L’undici ottobre 2013 muoiono altre 268 persone. Il 19 aprile del 2015 testimonianze parlano di 850 a bordo di un peschereccio ribaltato nello Stretto di Sicilia. I numeri sono impietosi e quelli che si riescono a ricordare sono solo alcuni degli episodi più significativi.