È iniziato pochi minuti dopo le 9.30 di ieri, martedì 26 settembre, il sopralluogo dei carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma al bar Big Town di via Bologna, dove nella serata del 1° settembre è stato ucciso il 42enne Davide Buzzi, al termine di una colluttazione finita in tragedia con Mauro Di Gaetano, titolare del locale, e suo padre Giuseppe.
Insieme ai Ris, sulla scena del crimine, anche il Nucleo Investigativo dei carabinieri di Ferrara, oltre che il medico legale, la dottoressa Silvia Boni, il genetista Matteo Fabbri e l’avvocato Francesco Mantovani, legale difensore della famiglia di Buzzi.
All’interno del locale, ancora sotto sequestro, le tute bianche hanno scattato fotografie e svolto i rilievi planimetrici e gli accertamenti sulle macchie di sangue presenti e ben visibili sul pavimento e sulle pareti, che saranno utili a definire con maggiore chiarezza chi ha agito e in che modo è avvenuta l’aggressione mortale, fornendo così un ulteriore supporto alle indagini coordinate dalla pm Barbara Cavallo.
Le operazioni sono proseguite per tutta la giornata.
Le analisi del Reparto Investigazioni Scientifiche si vanno così ad affiancare a quelle del genetista che, già nella giornata di lunedì 25 settembre, aveva iniziato a indagare le tracce di Dna rilevate sugli oggetti sequestrati – tra cui la tanica di benzina che era stata appoggiata sul bancone – e sui vestiti dei protagonisti del tragico episodio, soffermandosi, a questo proposito, anche sulla compatibilità tra le ferite riportate sul corpo da Buzzi, Piccinini e i Di Gaetano e gli abiti da loro indossati durante la rissa, poi sfociata in tragedia.
Nel mentre, stando a quanto riportato da fonti investigative, alcuni giorni dopo la morte del figliastro Edoardo Bovini, Davide Buzzi era stato denunciato per una serie di minacce telefoniche nei confronti dello stesso spacciatore tunisino che era rimasto – suo malgrado – coinvolto nella rissa del bar Condor di via San Romano dove, prima di essere ucciso al Big Town, il 42enne aveva lanciato contro di lui delle sedie con l’intento di fargliela pagare, ritenendolo responsabile della morte del ragazzino.
Per quelle minacce al telefono, la Procura di Ferrara – pm Stefano Longhi – aveva aperto un fascicolo di indagine, poi archiviato a seguito della morte di Buzzi.
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