L'inverno del nostro scontento
13 Settembre 2023

Un cantautore senza mani, un padre che scrive una lettera ai figli e un generale fascista

di Girolamo De Michele | 3 min

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È notizia di fine agosto, che ritorna in questi giorni per il 50mo anniversario della tragedia cui si riferisce: la Corte Suprema del Cile ha condannato sette militari per il sequestro, la tortura e l’assassinio del cantautore Víctor Jara e del funzionario governativo Littré Quiroga all’indomani del colpo di Stato contro il legittimo governo di Salvador Allende, l’11 settembre 1973. Di quel giorno sono rimaste delle foto storiche, in cui si vede il presidente Allende con l’elmetto e il mitra in pugno, che entra nel palazzo presidenziale per trasmettere alla radio fino al momento in cui sarà assassinato; in una si intravede una delle sue guardie del corpo, il giovane Luis Sepúlveda.

La storia di Víctor Jara è nota; poeta, cantautore, docente universitario, Ambasciatore Culturale del governo di Unità Popolare del presidente Allende, il giorno del golpe era all’Università: fu sequestrato, assieme ad altri docenti e studenti, portato nello stadio di Santiago che ora porta il suo nome, dove furono concentrati 5.000 prigionieri politici; torturato per giorni, ebbe ambedue le mani spezzate: prova a suonarla adesso, la tua chitarra, gli disse il suo torturatore. Nella notte fra il 15 e il 16 settembre quello che restava del suo corpo fu gettato in strada nei pressi del cimitero; gli furono contate sul corpo 56 fratture, e 44 colpi di pistola. Oggi quello stadio porta il suo nome, e le sue canzoni continuano ad essere suonate e cantate in tutto il mondo.
Accanto al suo cadavere, quello di Littré Quiroga, Direttore Nazionale del Servizio Carcerario: la sua colpa era di aver fatto arrestare un generale che nel 1969 aveva tentato un colpo di Stato. La mattina dell’11 settembre andò regolarmente al lavoro nel suo ufficio, dove fu sequestrato; sul suo corpo furono contate 47 fratture e 23 proiettili. Prima di andare a morire, Quiroga scrisse una lettera alla madre, una alla moglie e una ai figli; quella ai figli diceva:

Niñitos: pórtense bien y cómanse toda la comida. Estudien mucho y ayuden a su mamá. El papá no podrá verlos quizás hasta cuándo. No vean tanta televisión y pórtense como corresponde, como niños buenos. Chaíto y no se olviden de su papito (Cari ragazzi, comportatevi bene e mangiate sempre tutto il cibo nel piatto. Studiate duro e aiutate vostra madre. Papà forse non potrà vedervi per qualche tempo. Non guardate troppa televisione, e comportatevi correttamente, come bravi ragazzi. Arrivederci e non dimenticate il vostro papà).

Hernán Chacón Soto, il generale che diresse le torture di Jara e Quiroga per 4 giorni e usò la sua pistola personale per finire Jara (la perizia balistica sui proiettili 9mm della sua Styer è una delle prove della sua partecipazione), il 29 agosto scorso, quando sono andati ad arrestarlo nella sua casa, si è sparato un colpo in testa.
Pare che la donna di servizio chiamata a pulire si sia lamentata della sostanza maleodorante e appiccicaticcia che sporcava il pavimento e che veniva via a fatica: una volta concluso il lavoro, ha però commentato che quella casa non le era mai sembrata così pulita.
Vedi mai che anche un generale fascista può fare, una volta nella vita, la cosa giusta per sé e per l’umanità: il mondo al contrario, proprio.

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