Valori degli inquinanti tutti di gran lunga inferiori ai limiti di legge e protocolli di monitoraggio ambientali estremamente approfonditi e puntuali, molti dei quali nemmeno previsti per legge, per ottenere un quadro ancor più dettagliato e preciso. E’ in estrema sintesi la situazione del termovalorizzatore Hera di via Diana, esplicitata attraverso i dati illustrati dai tecnici della multiutility in Commissione Ambiente.
Dati migliorativi o stabili che dovevano fornire informazioni e rassicurazioni in merito all’impatto dell’aumento di capacità del termovalorizzatore da 130mila a 142mila tonnellate di rifiuti annui, con incremento della quantità di incenerimento di rifiuti speciali non pericolosi al 46% rispetto al 54% rimanente rappresentato dai rifiuti urbani. Impatto sull’ambiente a quanto pare scarsamente rilevante secondo quanto riferito sia dal direttore Produzione di Herambiente, Paolo Cecchin, che dalla responsabile del monitoraggio ambientale di Hera Spa, Katia Gamberini. Quest’ultima ha anche riferito di un ulteriore monitoraggio volontario e sperimentale avviato da Hera sulle Pm1 (le cosiddette polveri ultrafini), unico in Italia e avviato da appena sette mesi, i cui risultati verranno elaborati a ottobre e che “al momento evidenziano valori quasi sempre inferiori alla rilevabilità degli strumenti (o,oo3 o 004 mg/mc), in pochi casi leggermente superiori in corrispondenza della manutenzione delle maniche della linea 2 dell’inceneritore”.
E dati, quelli illustrati, che nessuno dei consiglieri presenti in Commissione ha messo in discussione, prendendo invece atto e apprezzando “il livello di abbattimento di sostanze inquinanti che Hera garantisce rispetto all’attività del termovalorizzatore di Cassana, in linea con le prescrizioni particolarmente stringenti imposte con il protocollo del 2003 parte integrante dell’Aia”, come ha sottolineato Francesco Colaiacoivo (Pd).
Qualche scintilla fra maggioranza e opposizione è invece scaturita su temi non più tecnici bensì politici. A partire dall’opportunità di incrementare il regime del termovalorizzatore di 12mila tonnellate, un aumento concesso nel 2021 rispetto al quale lo stesso Pd non è mai stato d’accordo, e infatti lo stesso Colaiacovo ha ricordato che “tale aumento riguarda esclusivamente i rifiuti speciali che dalle 62mila tonnellate del 2020 sono aumentati fino a 76mila tonnellate del 2022, a fronte di una riduzione dei rifiuti urbani”. “Questo – ha aggiunto il capogruppo dem – comporta che se i rifiuti urbani possono essere conferiti soltanto dalla regione Emilia Romagna, i rifiuti speciali vengono conferiti da tutto il territorio nazionale, in pratica viene meno la funzione esclusiva di gestione regionale dei rifiuti a favore di una pura attività imprenditoriale. L’assessore Balboni ha raccontato più volte di un ipotetico ricorso contro la nuova Aia sul termovalorizzatore, ma a distanza di oltre due anni, del ricorso conosciamo soltanto l’incarico a un professionista con tanto di impegno di spesa senza sapere a quale organo giurisdizionale è stato radicato il ricorso”. Concetto rafforzato dal collega di partito Davide Nanni che ha voluto sottolineare come a fronte di una minore produzione di rifiuti di Ferrara, passata in pochi anni dal 20% all’87% della raccolta differenziata, si è assistito a un aumento della capacità del termovalorizzatore anziché a un suo ridimensionamento.
L’assessore Alessandro Balboni, ospite in Commissione e promotore dell’incontro con i tecnici Hera, ha poi aggiunto benzina sul fuoco cercando di ricostruire sinteticamente la vicenda del termovalorizzatore di Ferrara e addossando la responsabilità della situazione alle amministrazioni di centro sinistra, comunali e regionali: “Ricordo – ha rimarcato – che il Comune di Ferrara, quando ha autorizzato questo sistema di termovalorizzazione, è uno dei pochi che non ha chiesto oneri di compensazione ambientale, e ora avremmo avuto milioni e milioni di euro, che invece vanno nelle casse di Hera, che avremmo potuto utilizzare per questioni più nobili. Ed è stato il frutto di un accordo politico fra la passata amministrazione ed Hera. Passata amministrazione che, oltre a non richiedere il riesame dell’Aia, non ha appunto chiesto compensazioni ambientali per i rifiuti speciali – come avvenuto in altre parti d’Italia – dal 2008 al 2023: avremmo incassato più di 10 milioni di euro”. “Non tocca a me fare il difensore di scelte politiche del passato – ha replicato Nanni – ma è sotto gli occhi di tutti che si è trattato di scelte che hanno aumentato la raccolta differenziata dal 20 all’87%, riducendo il conferimento di rifiuti urbani all’inceneritore. Bene che oggi si vogliano chiedere a Hera gli oneri di compensazione, ma questa è una scelta politica che non ha nulla a che fare con valutazioni ambientali, bensì economiche. Mi auguro invece che venga fatto un ragionamento a lungo respiro”.
“Alla base di tutto – ha commentato il presidente di Commissione, Tommaso Mantovani (M5S) – resta il fatto che un inceneritore in una zona con una differenziata al di sopra del 30-35% non è conveniente. Intanto si potrebbe cominciare dismettendo una delle linee dell’inceneritore. La soluzione ideale ritengo possa essere la gestione in house. Comunque assicuro che convocheremo presto una Commissione apposita prorpio per discutere solo degli aspetti politici”.
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