Attualità
5 Giugno 2023
Interviste ad Annalisa Felletti, consigliera di parità della Provincia, e Paola Peruffo, presidente della Commissione Pari Opportunità del Consiglio Comunale di Ferrara

“Le donne devono imparare a salvarsi”, ma è davvero così?

di Redazione | 5 min

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di Camilla Mondini

Da inizio anno c’è stato in media un femminicidio ogni quattro giorni. Secondo i report del Viminale al 28 maggio 2023 sono stati registrati 129 omicidi, con 45 vittime donne, di cui 37 uccise in ambito familiare o affettivo. Di queste, 22 hanno trovato la morte per mano del partner o ex partner. Insomma, non si tratta certo di una situazione emergenziale ma di una vera e propria piaga sociale che da troppi anni vede protagonista una cultura radicata che pone la donna in una situazione di subordinazione rispetto agli uomini.

Ormai si sa: i media e la stampa hanno il potere di contribuire alla formazione di un pensiero comune. Un pensiero che dovrebbe essere volto alla denuncia degli abusi di potere, delle violenze e, soprattutto, alla tutela di soggetti a rischio che ogni giorno vengono valutati secondo l’imposizione di costrutti sociali obsoleti e retrogradi.

In un tweet de ‘La Stampa’ si legge che “le donne devono imparare a salvarsi”. Un messaggio da molte voci ritenuto svalutante non solo nei confronti della vittima ma anche di tutte le donne che si sono ritrovate a doverlo leggere. Infatti, non ha fatto altro che alimentare il ‘Victim Blaming’, ovvero, un processo psicologico riguardante la tendenza a colpevolizzare la vittima. Sì, perché dire “le donne devono imparare a salvarsi” sottintende  un ritenere la vittima del crimine responsabile, o parzialmente responsabile, di ciò che le è accaduto. La conseguenza di questa retorica dannosa e pericolosa è duplice: per la vittima in primo luogo che rischia di attribuirsi una colpa che non esiste ma rappresenta un deterrente anche per altre vittime che, spaventate dal giudizio sociale, sono portate inevitabilmente a non denunciare.

Alla luce di questi fatti la domanda sorge spontanea: è possibile fermare questo fenomeno? E se sì, come? Abbiamo intervistato Annalisa Felletti, consigliera di parità della Provincia, e Paola Peruffo, presidente della Commissione Pari Opportunità del Consiglio Comunale di Ferrara.

Consigliera Felletti, cosa ne pensa dei fatti recentemente accaduti?

“La violenza sulle donne dovrebbe essere un reato universale. È fondamentale partire dall’educazione, educare alle differenza e all’affettività e cioè insegnare il rispetto e la parità sin dai primi anni di vita. La relazione con il genere inizia dai tre anni di età, per questo è fondamentale promuovere una sensibilizzazione diffusa e capillare. Alla base di quel femminicidio c’è un uomo che pensa di avere potere in quanto superiore a una donna, insegnare il rispetto della parità nella società in cui viviamo è doveroso perché la cultura di questo paese è, purtroppo, ancora fortemente patriarcale.”

‘La Stampa’ ha recentemente pubblicato un tweet in cui scrive che “le donne devono imparare a salvarsi”, che cosa si sentirebbe di dire a chi lo ha letto?

“È un messaggio molto pericoloso perché di fatto sottende che le donne vittime siano predestinate in quanto donne, una visione profondamente maschilista che relega le donne a soggetto debole. Andrebbe completamente sradicata la visione vittimizzante che propina questa società: il tweet è molto grave e fuori luogo sopratutto perché tramanda una visione culturale patriarcale che, ad oggi, non dovrebbe più esistere. I media hanno un ruolo fondamentale, ci dovrebbe essere più rispetto verso la parità di genere e una maggiore attenzione al linguaggio”.

Lei è consigliera di parità della provincia, se la sente di accendere i riflettori anche sulla sua esperienza personale?

“Il 30 giugno sarà un anno che mi onoro di ricoprire questo ruolo. Nella mia esperienza personale sono entrata in contatto con donne vittime di violenza, il momento più feroce della violenza culmina nella relazione quando l’uomo capisce di non avere la possibilità di controllare la vita della donna. Le donne forti e indipendenti spaventano, per questo l’unico strumento che spesso hanno questi tipi di uomini è una reazione violenta: non sanno e non sono abituati a confrontarsi con donne che, giustamente, sono consapevoli di avere pari possibilità. L’unico modo per contrastare la cultura di dominanza maschile è l’educazione”.

Consigliera Peruffo, che cosa ne pensa del tweet de ‘La Stampa’?

“Sono parzialmente favorevole a ciò che è stato scritto: i dati ci dicono che il 64% delle donne non denuncia. Le violenze e gli abusi sono frutto di una educazione profondamente sbagliata che viene soprattutto dalle famiglie. Penso però anche che si tratti di una modalità di comunicazione estremamente sbagliata che viene usata dalla stampa, è paragonabile alla modalità del “te la sei cercata”, è palese che ci sia un sottofondo di colpevolizzazione della donna ma purtroppo i cambiamenti sono molto lenti”.

Non pensa che le donne non denuncino per paura e per l’inadeguatezza del sistema di interventi?

“Certo, esiste sicuramente una grande sfiducia nel nostro sistema di giustizia e anche la paura preponderante di una ritorsione da parte del carnefice. Purtroppo sono ancora troppi i casi di femminicidio, i numeri sono spaventosi: la differenza con l’omicidio è che un uomo uccide perché si sente superiore a una donna, bisognerebbe educare ad un rispetto maggiore verso il genere femminile”.

Se potesse mandare un messaggio alle donne che stanno subendo violenza, che cosa direbbe loro?

“Bisogna denunciare e assumere maggiore consapevolezza di se stesse, l’unica modalità per uscire dalla violenza è rendersi autonome: il lavoro femminile in Italia è ancora uno dei più bassi in Europa, bisogna lottare per l’indipendenza e non aver paura di denunciare perché qualcuno che tende una mano per aiutare una donna in difficoltà c’è sempre”.

Se sei vittima di violenza o hai bisogno di aiuto rivolgiti ai centri antiviolenza chiamando il 1522.

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