Tresignana
31 Maggio 2023
Non sarebbero emersi riscontri concreti e puntuali necessari a sostenere la responsabilità di Filippo e Manuel Mazzoni per l'uccisione dei cugini Dario e Riccardo Benazzi

Duplice omicidio di Rero. La Procura chiede l’archiviazione per gli unici due indagati

Sopralluogo Carabinieri a Rero
di Davide Soattin | 4 min

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Sopralluogo Carabinieri a ReroTresignana. Colpo di scena nelle indagini per il duplice omicidio di Dario e Riccardo Benazzi, i due cugini che il 28 febbraio 2021 furono prima uccisi a fucilate e poi bruciati dentro una Volkswagen Polo, dove vennero trovati carbonizzati, in un campo di Rero, al confine tra Tresignana e Fiscaglia.

Nei giorni scorsi, infatti, la Procura della Repubblica di Ferrara – titolari del fascicolo i pm Lisa Busato e Ciro Alberto Savino – hanno avanzato richiesta di archiviazione per Filippo e Manuel Mazzoni, padre e figlio che abitavano in una casa vicina alla zona dove si è consumato il fatto, unici due indagati per quanto successo.

Questo perché, secondo gli inquirenti, nonostante siano diversi e tutti compatibili con l’ipotesi accusatoria che li individua come autori materiali delle condotte di omicidio e soppressione di cadavere, gli elementi di sospetto nei confronti dei due, raccolti durante l’attività investigativa, sono sì compatibili con la ricostruzione dei fatti fornita dall’accusa, ma non possiedono quei riscontri concreti e puntuali che sarebbero utili a sostenere la responsabilità degli indagati e di escludere qualsiasi altra ipotesi alternativa.

Nello specifico, stando a quanto si apprende, sono principalmente due gli aspetti che hanno spinto la Procura a chiedere l’archiviazione.

Il primo riguarda l’orario dell’uccisione dei cugini. A questo proposito, pur costituendo un ulteriore importante tassello a sostegno dell’iniziale ipotesi accusatoria, secondo cui l’omicidio sarebbe avvenuto tra le 10.42 e le 11, nemmeno la consulenza tecnica effettuata non appare essere risolutiva. Non si può, infatti, escludere che i due cugini abbiano deciso di sospendere i lavori che stavano facendo, prima di venire uccisi, per cause ignote e li abbiano ripresi in un secondo momento, in un orario in cui i due indagati sicuramente si trovavano altrove. In altre parole, non è possibile affermare che lo smontaggio del prototipo d’impianto eolico ideato da Riccardo Benazzi, durato complessivamente venticinque minuti, sia avvenuto senza interruzioni.

Il secondo, invece, è relativo all’orario degli spari, con alcune versioni discordanti rese da alcuni testimoni. Su tutte, quelle di un residente della zona che li avrebbe uditi intorno alle 12.30-13 in un momento, quindi, in cui Mazzoni – stando alle ricostruzioni iniziali – si erano certamente già allontanati dall’abitazione.

Questi, comunque, non sono gli unici elementi probatori da cui poter ottenere una lettura alternativa dei fatti. È il caso dei limiti rappresentati dalle celle telefoniche e delle caratteristiche del materiale stipato all’interno del veicolo dato alle fiamme, elementi su cui la Procura si è soffermata per indagare sulla presenza dei Mazzoni sul luogo dell’incendio della Golf. Ma interrogativi emergono anche dall’arma sequestrata agli indagati, idonea allo sparo dei pallini rinvenuti nei cadaveri, ma anche all’utilizzo di altri di dimensioni diverse.

A ciò si aggiunge l’impossibilità di stabilire chi dei due indagati avrebbe materialmente premuto il grilletto, un aspetto fondamentale in questa vicenda per determinare se ci sia stato concorso tra i due. Un dettaglio, questo, che per il momento, sulla base di quanto raccolto, non risulta essere agevolmente dimostrabile.

Secondo gli uffici di via Mentessi, quindi, non essendo provate con un sufficiente grado di certezza alcune circostanze fondamentali, come l’orario della morte e la presenza di Filippo e Manuel Mazzoni sul luogo in cui è stata bruciata l’auto, la pluralità degli elementi di sospetto a carico degli indagati è irrilevante, arrivando così a costituire un dubbio ragionevole che non permette in nessun modo di pronunciare una sentenza di condanna nei confronti dei due indagati.

Sulla decisione della Procura si è espresso con queste parole l’avvocato Denis Lovison, che assiste moglie, figlie e nipote di Dario Benazzi, e che promette battaglia: “Il materiale probatorio è consistente. Ci sono migliaia e migliaia di documenti e prima della richiesta di opposizione all’archiviazione, che faremo, c’è bisogno di tempo e studio, che richiedono la massima cautela. I miei clienti non sono soddisfatti della richiesta di archiviazione, perché dopo aver perso persone care e amate hanno ricevuto la beffa di non vedere perseguite condotte gravissime che non hanno scosso solo loro e i loro familiari più intimi, ma una comunità intera, pervasa da un senso di insicurezza nei giorni successivi ai fatti e che adesso si potrebbe interrogare sul perché siano ancora in circolazione soggetti capaci di crimini così efferati“.

L’avvocato Massimiliano Sitta invece, che assiste moglie e figlia di Riccardo Benazzi, si è riservato di leggere e studiare i documenti delle indagini, prima di rilasciare eventuali dichiarazioni.

 

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