Vigarano
3 Maggio 2023
Sajmir Hidri non potrà ancora tornare. I giudici amministrativi ritengono fondato il provvedimento del Ministero

Espulso dall’Italia per aver avuto contatti con l’Isis, il Tar boccia il ricorso

di Redazione | 3 min

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Sajmir Hidri

Sajmir Hidri non potrà ancora tornare in Italia. Il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso contro l’espulsione decretata nell’agosto 2016 dall’allora ministro Alfano che gli vieta di far ritorno in Italia per 15 anni.

Il cittadino albanese di 43 anni viveva regolarmente con la famiglia (moglie e figli) a Vigarano Mainarda, dove svolgeva l’attività di imprenditore edile insieme al fratello. In seguito ad indagini della Digos era stato considerato “persona pericolosa per la sicurezza dello Stato”, la cui presenza in Italia avrebbe costituito “una minaccia per la sicurezza dello Stato e che possa agevolare, in vario modo, organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali”.

Secondo gli inquirenti, da almeno due anni prima, aveva iniziato a radicalizzarsi: si era fatto crescere la barba, aveva frequentato siti internet per visionare video della propaganda Isis, avrebbe perfino tentato la scalata al vertice del centro islamico di via Traversagno a Ferrara (circostanza però fortemente negata dai suoi membri che, anzi, poco lo conoscevano) e avrebbe avuto contatti con altri espulsi (il suo numero di cellulare era stato trovato nella rubrica dell’imam radicale Memishi Rexhep, coinvolto in una serie di arresti in Macedonia per arruolamento di miliziani dell’Isis nell’agosto del 2015).

Ma in sede penale il gip archiviò le accuse contro di lui. In sede amministrativa, invece, il ricorso presentato dal suo avvocato, Fabio Chiarini, ha avuto esito sfavorevole.

Il legale aveva giustificato il ricorso ritenendo carenti istruttoria e motivazione del decreto di espulsione, con riferimento all’opportunità di scegliere altre misure alternative.

Secondo la difesa il Ministero avrebbe “operato un uso distorto del proprio potere discrezionale in quanto anche l’autorità giudiziaria penale non ha poi assunto alcun provvedimento di natura coercitiva a suo carico”, ritenendo quindi che “non ci fossero indizi tali da giustificare il rischio di un pericolo per la sicurezza dello Stato”.

Hidri inoltre risultava “perfettamente radicato nella comunità nazionale in quanto il suo soggiorno risulta regolare dal 2002, non ha subito condanne, vive in famiglia con la moglie e i tre figli ed è titolare di una impresa edilizia”.

Motivi infondati secondo i giudici amministrativi. In primo luogo perché la norma che disciplina l’espulsione presenta requisiti estremamente generici ai fini dell’adozione del provvedimento. Basta “la ritenuta possibilità che la permanenza dello straniero in Italia possa agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali”.

E, in proposito, “non è necessario che sia appurata con assoluta certezza la sussistenza del pericolo, essendo sufficiente che vi siano fondati motivi di ritenerlo esistente”.

Nel caso di Hidri, il provvedimento ministeriale “fa riferimento agli atti d’ufficio dai quali è emerso che il ricorrente, in diverse occasioni, ha consultato e condiviso video e proclami inneggianti alla jihad, ha manifestato insofferenza per il mondo e la cultura occidentale nonché ha intrattenuto rapporti con soggetti che hanno assunto posizioni estremiste in favore della jihad islamica, tanto da essere espulsi dal territorio nazionale; da tali elementi, è stata desunta la sua vicinanza alla causa jihadista ed all’autoproclamato Stato islamico”.

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