Attualità
24 Aprile 2023
L'intervento sulle pagine di Estense.com a firma Romeo Farinella, professore di Urbanistica all'Università di Ferrara

Ferrara e il suo futuro urbanistico. Un Pug senza nessun confronto con i cittadini

di Redazione | 7 min

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di Romeo Farinella*

In queste settimane Ferrara è stata attraversata da numerose iniziative che sono entrate nel merito dei problemi della città.

Esperti, ricercatori, studenti di architettura, giornalisti hanno sviscerato insieme a gruppi di cittadini ferraresi e non, temi quali: il senso della rigenerazione urbana nell’era della transizione ecologica, il consumo di suolo, la natura in città, la mobilità sostenibile, il diritto alla casa, la privatizzazione dello spazio pubblico e l’uso improprio degli spazi naturali della città. Si sono confrontate situazioni e problemi di Ferrara con esperienze nazionali, internazionali.

Insomma, tutti temi che riguardano il presente e il futuro di una città. Tutti temi che vertono sul come tradurre concretamente in azioni le ampie e generiche linee strategiche del Pug in corso di elaborazione a Ferrara. Peccato che in questi incontri pubblici, quindi aperti a tutti i cittadini, non si siano visti i principali attori politici e tecnici della città.

Tra le pratiche di governo di una città, vi è anche la definizione di strategie, visioni e strumenti urbanistici. Spesso chi amministra cerca di relegare questa dimensione operativa alla sfera della “tecnica urbanistica”, quindi una cosa per esperti, associata ai portatori di interessi forti, che hanno i denari per avvalersi di contro esperti (architetti, ingegneri, avvocati, ecc.) in grado dialogare (spesso condizionandoli) con i processi amministrativi.

Ma il futuro della città (che un Pug ha il compito di stabilire almeno per un dato periodo) riguarda anche il cittadino comune, singolo e associato, che una corretta pratica di governo (in linea con quanto suggerito da organismi quali Ue o Onu) dovrebbe mettere in condizione di essere informato e ascoltato.

Uno strumento urbanistico come il Pug propone una ipotesi di sviluppo e organizzazione urbana, attraverso una sintesi, elaborata a partire da un quadro di problemi ai quale dare soluzione. Questo processo si traduce in politiche, che prevedono azioni, che per realizzarsi devono trovare risorse economiche (es. potenziare il trasporto pubblico) e norme, che devono regolare le trasformazioni ordinarie (es. edificare o ristrutturare una casa o lottizzare un terreno). Il problema è chi definisce, orienta o condiziona la definizione degli obiettivi e delle azioni.

Altra riflessione: la realtà come sappiamo non è un insieme coerente, i “portatori di interesse” sono molteplici, e qui sta la difficoltà di governare, ma è la realtà che si deve adattare alla “norma” (voluta da qualcuno in base a proprie convinzioni o pressioni) o al contrario la “norma” deve essere in grado di interpretare la realtà (cercando di essere il più condivisa possibile)?

Per rispondere a tali domande da anni si sono sviluppate, in fase di elaborazione degli strumenti urbanistici, esperienze di “ascolto della città” e dei suoi cittadini. Questo non significa solo sentire il parere dei “poteri forti” (attori economici, associazioni di categoria o professionali, enti, ecc.) ma avviare delle procedure (e se ne stanno sperimentando tante in Francia, Germania, Olanda, Danimarca, Spagna) che consentano ai cittadini, alle loro associazioni locali, e a chiunque abbia qualcosa da dire o suggerire di sentirsi coinvolto in un processo in corso (il Pug) che riguarda il futuro della sua città. Quindi non essere coinvolti solo a cose fatte, a decisione prese.

Tutto questo a Ferrara non vi è stato, non so se è programmato. Ad una pratica di governo condivisa e dialogante, si è preferito sostituire una pratica di comando dove all’idea di “cittadinanza attiva” è stata sostituita quella di “soggetto portatore di interessi” (stakeholder), quindi selettivo, e scelto sulla base di un interesse particolare che si sovrappone all’idea di “città come bene comune”.

Il consenso è gestito da capipopolo che si fanno interpreti degli umori del popolo, senza nessun confronto critico. Si esalta il “culto del fare” ma, come e per chi, lo stabilisce chi comanda. I messaggi che si lanciano sono semplificati e retorici, i nemici sono chiari, l’interlocuzione con la critica e la conoscenza viene silenziata, o ridicolizzata, o assunta in nome di una “tecnicalità” che non crea problemi e non mette in discussione ciò che si asserisce.

Questo atteggiamento non è conservatore o progressista (viene usato in entrambi i campi) ma è tipico di una visione neoliberale dello sviluppo dove l’economia e la sua finanziarizzazione, hanno di fatto sostituito la politica e trasformato il cittadino in consumatore, mettendo in mano il futuro della città a poteri spesso non visibili (es. il 40% dell’intero progetto Isola-Garibaldi a Milano dal 2013 è in mano alla Qatar Holding, mentre il futuro di altre importanti aree della città sono in mano alle società proprietarie di Milan e Inter e in generale il futuro urbanistico di Milano è gestito dalla potente immobiliare Coima).

E quindi, come è capitato con il Feris e come ora sta capitando con l’accordo con Coop Alleanza per l’area di Foro Boario, si avviano operazioni su aree strategiche per il futuro della città basate su accordi di interesse dove prevale l’interesse privato, per funzioni dichiarate pubbliche ma non necessarie, o non prioritarie, senza un coinvolgimento della città e mentre si sta elaborando un Pug che dovrebbe dirci come potrebbe essere usata quell’area di grande interesse per tutta la città.

Quindi la domanda è perché l’amministrazione ferrarese non ha ancora sentito l’esigenza di organizzare un grande momento pubblico e politico (come hanno fatto altre città) di presentazione delle linee strategiche del suo futuro piano urbanistico? Abbiamo capito in questi anni che molta attenzione è rivolta al potenziamento del turismo delle “trippe”, dello spettacolo usa e getta che abusa dei beni comuni (piazze storiche che per un mese si trasformano in palcoscenici privati), della privatizzazione dello spazio pubblico a fini commerciali.

Qualcuno potrebbe obiettare che abbiamo ora a Ferrara una grande e straordinaria esposizione sul rinascimento (cosa vera, il cui merito va agli organizzatori) ma si tratta del rilancio di iniziative che appartengono all’ identità” ferrarese perlomeno da quando è nata Ferrara Arte. È quindi la ripresa di una “tradizione” e non il frutto di una nuova visione politica.

Colpisce però la bassa qualità (e la dismissione) del commercio di Ferrara città d’arte: che è sotto gli occhi di tutti, anche nelle vie più centrali del centro storico. Nel Pug si parla di “città dei 15 minuti” e sarebbe interessante sapere dai progettisti come intendono realizzare questo obiettivo avendo cinque centri commerciali e ipermercati che generano tra l’altro un traffico sovradimensionato rispetto alla dimensione della città.

Se non si parte da questa premessa la “città dei 15 minuti” sarà solo per i quartieri “gentrificati”, dove le botteghe e i servizi rinascono per chi se lo può permettere. La riflessione potrebbe continuare con le politiche abitative e del lavoro, temi assenti dai dibattiti della città.

Colpisce infine l’orizzonte limitato e provinciale di importanti e storiche associazioni di categoria come il Cna, Ascom, Confartigianato e Confesercenti che identificano, in un loro comunicato congiunto, l’internazionalizzazione di Ferrara con un evento effimero come il concerto di Bruce Springsteen, del quale tra l’altro chi lo contesta ha solo messo in discussione il luogo scelto (il Parco urbano) e non l’opportunità di farlo.

Forse queste associazioni e molti cittadini non si rendono conto che Ferrara è già internazionale per la sua storia, la sua cultura, la sua università, peccato che attorno a questi valori “locali” non si riesca strutturare una visione “internazionale” di lunga durata, preferendo alla sedimentazione, al coordinamento, alla inclusione (certo più difficile da pensare e gestire perché necessità di complessità di pensiero e di governo) la cultura dell’evento mordi e fuggi.

Pensare che il futuro dell’internazionalizzazione di una città sia legata a un concerto rock, ad un’expo, o a un’olimpiade fa tremare le vene ai polsi anche perché mette in luce la mediocrità di una classe dirigente, come dimostrano i fallimenti in molte città europee delle fasi post-evento.

Si potrebbe poi dire che per un paese dalle cento città come l’Italia il futuro e l’internazionalizzazione se legata solo alla singola città è perdente, se invece diventa una politica federativa e condivisa da reti di città sarà più forte. Lo hanno capito anche Oxford e Cambridge, due città dalla forte identità “locale”, che insieme a Milton Keynes si stanno costituendo come sistema metropolitano rafforzando il trasporto pubblico territoriale, stessa cosa potremmo dirla per Marsiglia e Aix-en-Provence, ormai divenute un’unica realtà metropolitana, o per la regione della Ruhr. Tutti sistemi di città riorganizzati a partire dal potenziamento della mobilità pubblica urbana e interurbana

Anche per questo sarebbe necessario un sereno e ricco dibattito pubblico promosso da chi amministra la città (invitando anche le città vicine a partire da Bologna), in particolare in occasione della redazione di un nuovo strumento urbanistico generale. Così come la vitalità, l’interesse, la curiosità, l’amore per la città, che si ritrova nelle le attività promosse dal Forum Ferrara Partecipata e da altre associazioni andrebbero valorizzate in quanto risorse attive sul territorio, in quanto presidi civici, e non ridicolizzate o stigmatizzate come è capitato di leggere frequentemente.

*professore di Urbanistica del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, dove dirige il CITERlab, un laboratorio di ricerca che opera nel campo della progettazione urbana e territoriale

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