
Paolo Frignani
di Cecilia Gallotta
Una nuova frontiera dell’Università, un progetto pioniere in Italia che mira ad alzare il livello della formazione professionale e a contrastare la dispersione universitaria degli ultimi anni. È lo Iusi (Istituto Nazionale della sicurezza e delle professioni investigative) lanciato dal professor Paolo Frignani, presidente e rettore in pectore, già professore ordinario all’Università di Ginevra nonché di Ferrara.
Ma che cos’è esattamente lo Iusi? Si può considerare una vera e propria Università?
“È una ‘Corporate University’, una nuova proposta ispirata al modello svizzero-francese delle lauree professionali, che ad oggi in Italia non esistono: si tratta di corsi triennali tenuti in parte da professori universitari, e in parte da professionisti di settore. Si suddivide in tre dipartimenti: l’Academy, che offre corsi base, il Laboratory con i corsi intermedi post-diploma, e poi ci sono le lauree, che partiranno dal 2024, e i master. Questo mese stiamo già partendo con gli webinar gratuiti in cui vengono presentati i programmi dei Laboratory, che avranno inizio nelle prossime settimane”.
Come nasce l’iniziativa e perché?
“Nasce dall’incontro fra me e Matteo Mazzoni della Top Secret, quindi fra un imprenditore e un universitario che negli ultimi decenni hanno intravisto un gap tra il percorso accademico tradizionale e l’effettivo approdo nel mondo del lavoro professionale. Per la verità io sono andato in pensione nel 2016 dopo aver insegnato Psicologia della Comunicazione a Ginevra e Tecnologia dell’Istruzione qui a Ferrara, ma anziché riposarmi ho deciso di continuare a mantenere viva la mia attività. E così, unendo le nostre competenze e le nostre necessità, abbiamo presentato questo progetto sperimentale al Ministero, che spero prenda piede”.
E i titoli rilasciati sono riconosciuti?
“Assolutamente sì. Sono legalmente riconosciuti grazie ad una convenzione che io stesso ho fatto con la IUL, l’Università Telematica di Firenze”.
La sede dello Iusi è a Ferrara?
“La sede amministrativa è a Ferrara, ma ci sono altre sette sedi sparse in giro per l’Italia e precisamente a Bologna, Milano, Roma, Venezia, Padova, Treviso e Firenze: siamo quindi in grado di proporre un’offerta sia in loco che a chi si trova più vicino a queste città. In ogni caso, specialmente per il dipartimento Laboratory, la metodologia utilizzata è la cosiddetta ‘blended’, cioè in parte online e in parte in presenza”.
Prima parlava di un gap tra il mondo universitario e quello lavorativo. È vero che le lauree sono ormai inflazionate, e che spesso non servono? Cosa si è andato perdendo negli ultimi decenni, e perché?
“Il fatto è che da quando sono state istituite le lauree triennali, si è perso quel percorso ‘professionalizzante’ che era sempre stato prerogativa delle Università: si è provato a recuperarlo con gli ITS (Istituti Tecnici Superiori) che rappresentano il quinto livello della formazione, ma mentre in altri Paesi europei questo tipo di offerta vede qualcosa come 300 mila studenti, in Italia solo 38 mila. Sono circa 1 milione e 400mila gli studenti che in Italia escono da scuole superiori professionali, molti di più che dai licei: di questi, un terzo si iscrive all’Università e, ancora, il 24% molla. E a chi entra nel mondo del lavoro spesso manca quella parte di formazione professionale che non si può raggiungere col livello scolastico. Sono dati importanti che indicano come una vasta fetta di ragazzi possa partire già incanalata in un ramo professionale, ma poi si perda nel nostro sistema universitario così come è organizzato adesso, rischiando di rientrare nei cosiddetti ‘neet’ e di sprecare un potenziale. Il nostro obiettivo allora è quello di intercettare questo target e di creare una filiera professionale allo stesso livello delle università, ma mirate a specifiche professionalità. Un tassello che può fare la differenza nel mondo della formazione in Italia così com’è pensato oggi”.
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