Attualità
12 Febbraio 2023
Incontro con don Domenico Bedin tra vocazione ed esperienza di vita: "Sono un prete in una situazione molto delicata, borderline. È una condizione difficile e problematica, ma anche molto gioiosa, perché negli anni ho maturato un percorso di vita che mi ha legato alle persone più in difficoltà"

“A me piaceva fare il contadino, ma ho sentito una ‘forza interiore’ verso una certa strada”

di Redazione | 4 min

Leggi anche

di Lucia Bianchini

Si è incentrato sulla sua vocazione ed esperienza di vita l’incontro con don Domenico Bedin “Se Dio vuole”, che si è svolto al Cohousing San Giorgio di via Ravenna.

Don Domenico racconta di aver incontrato la vocazione alla parrocchia di Porotto, che frequentava da bambino: “La mia vocazione è nata per imitazione di un modello che mi piaceva: c’erano questi sacerdoti giovani che si dedicavano a noi, e mi sembrava un modello di vita molto bello”.

“L’esperienza che poi durante gli anni è maturata è non sapere il motivo per cui ricevi una chiamata – prosegue don Bedin riguardo la vocazione -. Il termine ‘vocazione’ si usa oggi per descrivere desideri e propensioni, la vocazione cristiana invece non ha un perché, a me piaceva fare il contadino, ma ho sentito una ‘forza interiore’ che mi ha chiesto di orientarmi verso una certa strada. Poi questa vocazione la metti alla prova nella vita concreta: andare in seminario vuol dire vivere in comunità con altri ragazzi, facendo una vita anche complessa, regolata da preghiere, studio, diversa dalla tua vita in paese, sei messo alla prova. In questo contesto quella chiamata a dedicarsi agli altri o la lasci perdere, oppure si rafforza”.

Vocazione che nonostante tutte le vicissitudini della sua vita, don Domenico non ha mai perso: “Sono un prete in una situazione molto delicata, borderline. È una condizione difficile e problematica, ma anche molto gioiosa, perché negli anni ho maturato un percorso di vita che mi ha legato alle persone più in difficoltà, quindi anche togliendo l’aspetto della messa e della celebrazione dei sacramenti, posso vivere il mio sacerdozio in una dimensione più di servizio, come sacerdote di carità. Ora vivo la fede come radicamento nella misericordia del Signore. In questi percorsi difficili della mia vita ho mantenuto, per dono non per merito, la fede”.

Una vocazione nella vocazione è poi stata l’incontro con gli ultimi, le persone più bisognose: “Quello della vita non mi sembra sia un progetto che si fa a tavolino e si realizza con ingegnere e geometra, è un divenire continuo, che può essere orientato dal dono di vedere. Uno può vedere delle
persone in difficoltà e dire ‘che c’entro io?’ oppure ‘cosa posso fare per loro?’ La differenza fondamentale per me è stata questa, relativamente alle persone che vivono delle situazioni di sofferenza, povertà, miseria, riuscire a chiedermi cosa posso mettere in campo, come posso darmi da fare. Il vedere le cose fa fiorire la vocazione, e ha orientato la mia vita”.

Si collegano a questo molte esperienze della vita del sacerdote, insieme al voler fare qualcosa per la propria comunità, e le ultime in ordine di tempo sono la mensa della Rivana e la vita nella comunità di Pratolungo.

“Stiamo cercando di far sì che la mensa della Rivana – racconta- , essendo così defilata ed avendo numeri sempre limitati, 25 -30 persone, si trasformi in un luogo di amicizia, relazione, perché c’è bisogno di cibo, ma vedo che queste persone hanno bisogno di essere accolte, che sia un momento di calore, serenità, dialogo, relazione e crescita. Questa operazione va nel senso di trasformare una mensa per i poveri in un convitto, un pranzare insieme, cosa che ho imparato perché faccio il turno del mercoledì sera, e cerco di preparare insieme agli altri volontari dei cibi piacevoli, di servirli con simpatia, nasce la battuta, ci conosciamo tutti, e in compagnia il tempo si dilata”.

L’ultima esortazione viene dalla frase ‘Gli ultimi ci precederanno nel regno dei cieli’, che dà occasione a don Domenico di parlare dell’esperienza a Pratolungo: “Io la vedo così: vivo quotidianamente con persone devastate dalla vita, e che hanno devastato la vita, ci sono omicidi, truffatori, gente che si è giocata o bevuta tutto, e trovo in questa umanità una grande fragilità, rabbia perché non riesci, non hai le capacità, le forze di fermare certe dinamiche, ma allo stesso tempo una grande tenerezza, fragilità, capisci che non possono che essere così per la storia che hanno avuto, e sono persone che ti aprono degli spiragli di luce, gesti di amore e generosità che sono straordinari. Un esempio: avevamo appena aperto la comunità di Pratolungo e proprio gli altri ospiti hanno proposto di accogliere famiglie ucraine. Non sono diventati santi, da assassini e spacciatori, ma l’umanità è questo, una mescolanza di miseria, fragilità, grandezza, slanci di generosità”.

Grazie per aver letto questo articolo...

Da 20 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com