Pittore e scenografo che ha lavorato a fianco di registi di ogni tempo come Federico Fellini, Sergio Leone, Ettore Scola, illustratore, artista italiano conosciuto e apprezzato in tutto il mondo: ha compiuto ieri (venerdì 6 gennaio) 80 anni Emanuele Taglietti che nella sua Ferrara ha recentemente esposto al Padiglione di Arte Contemporanea per la mostra “La città del silenzio. Artisti ferraresi per Antonioni”, con un suo omaggio al regista premio oscar.
“80 anni? Il primo pensiero è la gioia di esserci arrivati ed esserci arrivati bene, con gli occhi che vedono ancora per consentirmi di continuare a lavorare”, dice oggi il maestro Taglietti, a cui vanno gli auguri di buon compleanno anche del sindaco Alan Fabbri: “Un grande traguardo per un grande pittore ferrarese globale. Complimenti per la sua arte e grazie per aver portato – e per continuare a portare – il nome della nostra città nel mondo”.
La storia di Taglietti è la storia di una lunga, internazionale e poliedrica carriera artistica, iniziata col cinema, quel cinema a cui è stato avviato dal padre Otello, che era pittore di scena (iniziando con ‘Ossessione’ di Luchino Visconti) e da una parentela con Michelangelo Antonioni (suo padre era cugino del grande regista). Taglietti ha esordito subito come pittore di scena nei grandi set – dopo aver vinto in età giovanile alcuni concorsi al centro sperimentale di cinematografia di Roma -: “Giulietta degli spiriti” (1965) di Fellini, “Il viaggio di Mastorna”, definito da Vincenzo Mollica “il film non realizzato (a causa di contrattempi e dissidi con la produzione, ndr) più famoso della storia del cinema”, “Waterloo” di Sergej Fëdorovič Bondarčuk, dove ha affiancato il premiatissimo scenografo Mario Garbuglia come bozzettista e assistente. Dalla Russia all’Africa alla Jugoslavia di Tito per lavorare alla serie tv “Odissea” (1968), con Bekim Fehmiu nei panni di Ulisse e Irene Papas in quelli di Penelope. Qui Taglietti lavorò con lo scenografo Luciano Ricceri per realizzare i quadri scenografici, progettando anche il seguito della serie, dedicato all’Eneide.
“La mia attività partiva da due principi: lo studio della scena calibrato sul budget disponibile”. Tanti di questi bozzetti sono presto diventati quadri scenografici richiestissimi dagli appassionati. Poi la svolta. “Lavorare a lungo lontano da casa, spesso con le difficoltà dettate dalla presenza di diversi regimi nelle location scelte, ha fatto crescere in me la nostalgia della ‘mia’ Ferrara”, spiega oggi.
“Fu lo scenografo e fumettista Dino Leonetti – che ammirava i miei dipinti – a indirizzarmi alle copertine, nel corso delle riprese de ‘Il mio nome è nessuno'”. “L’ultimo film per il quale realizzai le scene dipinte fu ‘Il viaggio di Capitan Fracassa’ di Ettore Scola, con la supervisione scenografica del grande amico e scenografo Ricceri. Feci 72 quadri”.
Poi l’occasione arrivò da Milano: “L’editore Edifumetto di Renzo Barbieri mi propose un contratto vantaggioso ma che richiedeva parecchio impegno (12 copertine al mese). Accettai. Da qui iniziò la mia storia legata al fumetto e al fumetto erotico”. Storia che ha portato l’artista ferrarese a firmare le grandi cover story per, tra gli altri, Fiabe Colorate, Cimiteria, Fata Turchina, Vipera bionda, Mafia, 44 Magnum, Fox.
Negli anni Taglietti è stato inoltre docente al liceo Dosso Dossi (fino al 2000, anno della pensione) e oggi continua a lavorare per editori internazionali, oltre ad essere presenza costante ad alcuni dei più celebri festival di settore: quest’estate è stato ospite al Comic Salon di Erlangen (Germania), poi ad Albissola Comics, per la fiera del fumetto. È stato premiato al Lucca Comics nel 2019.
“Questo è un mondo troppo spesso disconosciuto ma importantissimo a livello internazionale – spiega -. Chi fa copertine ogni volta ha un compito nuovo da svolgere: raccontare una storia con delle pennellate richiede una capacità di sintesi per immagini ed è una ricerca continua”. “Il consiglio che do ai giovani? Prima di approcciarsi al computer suggerisco loro di imparare bene prospettive e teorie delle ombre. Dobbiamo ritrovare la cultura delle conoscenze di base per ricreare le forme”.
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