di Campo Democratico
La situazione congiunturale dell’economia Italiana, dopo la ripresa del 2021 nella fase post-pandemica, è attualmente sottoposta a forti pressioni, che mettono a dura prova la capacità di resistenza delle nostre imprese di tutti i settori di attività economica.
Il contesto vede un fortissimo incremento dei costi dell’energia (che riduce le marginalità operative delle aziende e sul medio termine ne pregiudica la continuità produttiva) e soprattutto per il comparto manifatturiero si presentano anche difficoltà di reperimento e approvvigionamento di materie prime, in espansione come prezzi: nella media del periodo maggio-luglio 2022 il livello della produzione diminuisce dell’1,6% rispetto ai tre mesi precedenti. Fare previsioni risulta complesso: ampia incertezza è presente nello scenario economico.
Il centro studi di Confartigianato ha stimato che se la situazione dovesse perdurare sarebbero a rischio di cessazione dell’attività 881mila aziende (soprattutto micro e piccole) con 3.5 milioni di dipendenti, pari al 20.6% della struttura imprenditoriale nazionale.
Secondo l’Istituto Tagliacarne solo 22 province su 107 hanno recuperato i valori economici pre-covid. In provincia di Ferrara nel 2021 il valore aggiunto aggregato è stato di 8 miliardi di euro, in recupero del 6.2% rispetto al 2020. Ferrara si colloca al 54° posto in Italia per valore economico creato. Il valore aggiunto pro-capite è di 24.210 euro. Oltre all’attuale incertezza quindi il sistema economico, anche a livello locale, deve fare i conti con gli effetti della crisi pandemica non pienamente riassorbita.
Anche sul petrochimico di Ferrara (1700 addetti diretti e 6mila nell’indotto) la crisi energetica ha determinato ripercussioni, anche se di minore intensità rispetto ad altri comparti dell’economia. Basell (980 addetti) ha registrato nel 2022 un lieve rallentamento delle vendite a causa della contrazione della domanda di materie plastiche, con un incremento delle scorte.
Versalis (380 addetti) ha fermato gli impianti produttivi per alcuni interventi di manutenzione programmata degli impianti.
La controllante Eni a luglio 2022 ha presentato il nuovo piano industriale 2022-2025 dove per Ferrara sono previsti circa 90 milioni di euro di investimenti per produrre nuove gomme.
Da ricordare come la chiusura del cracking di Porto Marghera non abbia ancora trovato una risposta definitiva da parte delle istituzioni: il tavolo sulla chimica che era stato istituito al Ministero dello Sviluppo Economico è decaduto. Eni a Ferrara, con le sue controllate, rimane il principale player con i suoi circa 430 dipendenti.
La situazione più critica appare quella di Yara (140 addetti), che ha fermato completamente la produzione di urea e ammoniaca, a causa dell’elevato coso del metano. Sono poi presenti alcune riorganizzazioni degli assetti societari di alcune delle aziende insediate.
Celanese, dopo avere ceduto a Benvic nel 2021 una location produttiva, ha annunciato la cessione della seconda unità (35 dipendenti), di cui è proprietaria, alla società Taroplast di Parma: in questo modo esce dal polo ferrarese.
Taroplast è un’azienda attività dal 1978 leader internazionale nella produzione e commercializzazione di compound termoplastici, in crescita (151 milioni di euro di ricavi nel 2021, +31% rispetto al 2020, con 176 dipendenti) dal punto di vista produttivo e con una forte vocazione per l’innovazione e la ricerca.
Anche Benvic, dopo avere acquisito negli anni precedenti Vinyloop e la struttura produttiva di Celanese, ha annunciato la cessione del settore Compound ad un fondo: International Chemical Investors Group (Icig), specializzato nella chimica e nello sviluppo delle Pmi.
Eni inoltre a marzo 2022 ha ceduto a Sixth Street il 49% delle azioni detenute in Enipower: a Ferrara conosciuta meglio come Turbogas. Interessante anche il progetto che prevede la riduzione del 40% del prelievo dell’acqua dal Po per il funzionamento degli impianti: è previsto un costo di realizzazione di circa 40 milioni di euro.
Nel polo chimico si concentra poi un’elevata quantità di ricerca e sviluppo, che oltre al tradizionale Centro di Ricerche Giulio Natta, vede un elevato tasso di realizzazione di brevetti e innovazioni di processo e di prodotto, unitamente all’impiego nei processi industriali di tecnologie all’avanguardia.
A conclusione di questa ricognizione sull’andamento produttivo delle aziende del polo (di sostanziale tenuta, pur con qualche criticità) è importante che le forze politiche, in vista delle elezioni del 25 settembre, considerino la chimica un settore fondamentale per l’economia italiana, sia per il valore aggiunto creato che per il funzionamento di altre filiere industriali a valle (automotive, medicale, tessile).
La transizione verso la chimica verde deve essere realizzata creando nuovi posti di lavoro (qualificati) anche con l’attuazione di investimenti nei centri di ricerca e nel trasferimento tecnologico. E’ auspicabile che il nuovo governo realizzi un programma strategico di rilancio del comparto che coinvolga anche Ferrara come asset centrale.
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