Il luogotenente Roberto Redavid e il maresciallo Marcello Lupo sono stati i due testimoni sentiti nella nuova udienza del processo per l’omicidio di Denis Bergamini, ripreso dopo uno stop dovuto al Covid.
I due carabinieri sono gli inquirenti grazie ai quali si deve una fetta consistente della riapertura del caso: furono loro, nel 2011-2012 a capire che qualcosa non tornava nelle ricostruzioni iniziali e a identificare personaggi importanti nella vicenda. Per quel fascicolo – le cui risultanze hanno spiegato alla Corte d’Assise di Cosenza – arrivò comunque un’archiviazione nel 2015, ma venne riaperto dopo l’intervento dell’avvocato Fabio Anselmo nel 2017 e si arrivati fino al processo odierno.
Un lavoro d’indagine su un cold case, quello svolto dai carabinieri del “Gruppo Z”, come era stato soprannominato, nel corso del quale i due vennero anche trasferiti altrove, prima che il provvedimento venisse bloccato dal Consiglio di Stato.
“Hanno fatto un grande lavoro, fantastico – commenta il legale -, hanno dimostrato che i 59 metri di trascinamento del corpo riferiti dalla Internò (Isabella, ex fidanzata di Bergamini, imputata per omicidio premeditato e aggravato motivi abietti, ndr) sono impossibili e hanno visto che la traccia sull’asfalto attribuita al trascinamento del cadavere non poteva averlo fatto un corpo umano, non avrebbe mai potuto lasciare quel solco. Sono loro che hanno messo in dubbio le ricostruzioni di Barbuscio (Francesco, il brigadiere che eseguì i primi, contestati, rilievi) e identificato Panunzio (Mario, automobilista che passò per la statale jonica a tragedia avvenuta e accompagnò Internò in un bar da dove chiamò i compagni di Bergamini per raccontare del suo suicidio, ndr)”.
Non solo, Redavid e Lupo, guardando le fotografie scattate all’epoca, riuscirono a individuare la presenza di un poliziotto Giuseppe Balzano, perché un’auto di servizio venne mandata sul posto, “poi Barbuscio gli avrebbe detto che era un suicidio”, riporta Anselmo, il quale ha chiesto ai due carabinieri se lo stesso poliziotto sia stato da loro sentito e se abbia collaborato: “Hanno detto che non lo ha fatto, e questo è un ulteriore elemento di stranezza di questa vicenda”.
Si è tentato infine di ascoltare gli audio di alcune intercettazioni ambientali che riguardano Internò, sua sorella, sua figlia, suo marito Luciano Conte e il cognato Gianluca Tiesi ma, essendo il sonoro ‘sporco’, il sistema di riproduzione li ha resi di fatto inascoltabili in aula. Sono comunque oggetto di perizia e trascrizione.
Si riprende già mercoledì 11 maggio.
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