Attualità
19 Aprile 2022
Una donna di 56 anni ha dato vita a un sit-in solitario a Malborghetto per chiedere ai suoi ex datori di lavoro di regolarizzare la sua posizione: “Non siamo pezzenti, siamo persone e questo lavoro non viene tutelato”

“Voglio i contributi”. La protesta di una collaboratrice domestica

di Daniele Oppo | 3 min

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“Devo ringraziare di cuore i cittadini di Malborghetto per la loro solidarietà, mi hanno sostenuta in tutto. Ho pianto più per la loro gentilezza che per il mio problema”. Sono le parole più accorate di Luiza Vrushi, una collaboratrice domestica di 56 anni, di nazionalità albanese e da tanti anni in Italia, che chiede di avere ciò che le spetta: i contributi per le ore di lavoro prestate nelle case di alcuni ferraresi.

Per questo il giorno di pasqua ha dato vita a una piccola e solitaria manifestazione di protesta nella frazione di Ferrara, che presto ha attirato l’interesse e la curiosità dei passanti, con una catena e un cartello, per stimolare le famiglie in questione a riconoscerle quel poco di dignità che chiede per il suo futuro.

“Io voglio solo ottenere i contributi, se no come vado in pensione? Ho 56 anni, voglio i contributi e non si parla di somme grosse. Parliamo di tre ore a settimana, due ore e mezzo”, ci dice la donna. C’è spazio però per rivendicazioni più pesanti. La signora Vrushi spiega di aver lavorato per molti anni in una struttura ricettiva in città, sempre in nero, tutti i giorni, anche i festivi: “Ho lavorato lì dal 2004 o 2005 fino al 2019, anche i giorni rossi sul calendario, non ho mai fatto vacanze, sono tornata in Albania solo per la morte di mia madre, mi pagavano 6 euro all’ora”.

Il sit-in di domenica è solo l’apice disperato di una serie di azioni incominciate nel 2020, quando con il Covid, il lockdown e tutto ciò che ha comportato l’emergenza pandemica, si è trovata in forte difficoltà. “Nel mese di ottobre mi sono rivolta agli avvocati, mi hanno fatto una lettera, inviata a cinque famiglie”. Quattro si sono appoggiate a loro volta a un avvocato ma la cosa si è interrotta lì, la signora ha deciso di non proseguire per questa strada, ma di aspettare e dare tempo alle famiglie per addivenire a una soluzione bonaria che non è mai arrivata. “Ho aspettato un po’ di mesi, poi a maggio del 2021 mi sono rivolta all’Ispettorato del Lavoro”. Tra le cinque famiglie destinatarie della lettera, racconta la signora, una in realtà non l’aveva ricevuta per un errore nell’indirizzo di recapito. È anche l’unica, ci racconta, che ha conciliato immediatamente con l’interessamento dell’Ispettorato.

Per le altre, la signora Vrushi non sembra coltivare grandi speranze: dall’Ispettorato le hanno detto che servono prove, testimoni e che non sarà facile. “Mi hanno tolto tutte le speranze, anche l’ispettorato…”, dice con rammarico, richiamando anche quando una delle persone dalle quali lavorava “mi ha licenziata perché ho iniziato a studiare, mi ha lasciata a casa dopo che glie l’ho detto. Ma noi non siamo pezzenti, siamo persone – afferma, riprendendo subito vigore -. Adesso questa battaglia la faccio anche per le altre donne come me: siamo quelle che danno alle mamme lo spazio per stare con i figli, per riposare. Questo lavoro non viene tutelato. Come faccio a vivere se non accetto il lavoro? Lo accetto in bianco e in nero, perché devo lavorare, vivo sola, sono straniera, sono donna, come faccio a pagare le mie cose se non lavoro? Come faccio a dire ‘non vengo se non mi metti in regola?’ Prenderanno un altro”.

L’esercito di riserva delle collaboratrici domestiche, d’altronde, è piuttosto grosso, anche se va detto che in questa storia ci sono comunque delle note positive, famiglie che alla signora il lavoro lo hanno dato e con un regolare contratto.

Perché questa non sia l’eccezione, Luiza Vrushi ha dato vita alla sua personale protesta e ha riposto le speranze nel Gabibbo, al quale alcuni giorni fa ha inviato un email raccontando la sua storia e sperando nel suo interessamento. E certo è un po’ triste, per quanto significativo, che sia un grosso pupazzo dalla voce stramba l’ultimo difensore a cui si pensa di rivolgersi per ottenere un pizzico di giustizia e dignità.

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