Spettacoli
2 Aprile 2022
Il famoso doppiatore, a Ferrara oggi per un seminario, parla a Estense.com del suo mestiere e di come sia ormai diventato una "catena di montaggio": "Manca l'interpretazione"

Luca Ward: “Il doppiaggio nel cinema? Oggi non è fatto male, è sbagliato”

di Redazione | 4 min

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Luca Ward (foto tratta dal suo profilo Facebook)

di Lucia Bianchini

Russell Crowe, Samuel L. Jackson, Sylvester Stallone, Keanu Reeves, Hugh Grant, Richard Gere, Tom Hanks, Mel Gibson, Benicio del Toro sono solo alcuni dei volti a cui Luca Ward ha prestato la voce. Il famoso doppiatore sarà a Ferrara oggi sabato 2 aprile in occasione del seminario organizzato da Grisù, Ecipar Ferrara, Cna Ferrara e Ferrara la città del cinema, dal titolo ‘Il doppiaggio nel cinema’. In attesa del corso l’attore-doppiatore racconta la sua carriera e i suoi progetti a Estense.com.

Su che cosa verterà il corso che terrà a Ferrara? Cosa le piacerebbe che i suoi allievi potessero apprendere dal suo corso?

“Questa non è una scuola di doppiaggio, che secondo me non serve a nulla. Si parte sempre dal teatro, il doppiaggio è puramente tecnico e se nello zainetto non hai l’arte recitativa fai ben poco. Cerco di far capire ai ragazzi, ad aspiranti attori e attrici, le complessità di questo mondo, perché molti ne parlano ma non sanno neanche di cosa parlano, per una non conoscenza di un settore che è molto complesso. Faccio lavorare i ragazzi al leggio, li metto davanti ai filmati di film importanti, che magari hanno visto, così si mettono in discussione e vedono cosa vuol dire mettere la loro voce su una faccia che non è la loro, e soprattutto recitare nel pieno rispetto di quello che hanno fatto i nostri colleghi stranieri”.

Che doti deve avere un buon doppiatore?

“Deve soprattutto essere camaleontico, poter cambiare da un ruolo all’altro. Negli ultimi anni ci sono voci che si ripetono, la cosa che colpisce chi come me ha una storia diversa, è che queste interpretazioni, al di là del soggetto che stanno interpretando, sono tutte uguali, traducono in italiano quello che vedono, ma manca l’interpretazione”.

Cosa consiglierebbe a chi si vuole avvicinare a questa professione?

“Deve partire dal teatro, una volta faceva doppiaggio solo chi veniva da lì e fino a 15-20 anni fa abbiamo avuto un doppiaggio d’eccellenza, il pubblico non si accorgeva neanche che il film era doppiato. Oggi il doppiaggio non è fatto male, è sbagliato. Sono arrivati i doppiatori, quelli che a casa giocavano col pc a doppiare le serie straniere e a forza di insistere negli stabilimenti di doppiaggio sono riusciti a entrare, perché c’è bisogno di voci”.

Quali sono le prospettive odierne della professione del doppiatore?

“Il doppiaggio non verrà eliminato o sostituito dai sottotitoli o dalla lingua originale, nel mondo anzi è in aumento, si doppia in 70 Paesi nel mondo. Io le prospettive non le vedo particolarmente bene: se continuiamo a fare doppiaggi sbagliati, il pubblico e le mayor americane si stancheranno, ci tengono molto. Già è strano sentire Russell Crowe con la mia voce, si dovrebbe sentirlo con la sua, questo non è possibile per godere pienamente di un film, allora dobbiamo essere all’altezza di Russell Crowe. Spero in un’inversione di tendenza, ma la vedo dura”.

Tra i ruoli che l’hanno resa famosa, appunto, c’è sicuramente l’aver doppiato Russel Crowe, l’ha mai incontrato? Che rapporto ha con la sua voce italiana?

“L’ho incontrato nel 2005 in occasione di ‘Rapimento e riscatto’, è stato un incontro molto divertente, era molto affascinato da Roma. Abbiamo una voce molto simile, e come dice lui recitiamo allo stesso modo, è una cosa diversa sentirsi con la mia voce, ma sostiene che io non cambi il suo stile e per lui è una garanzia di tranquillità. Per un incidente non doppiai un suo film ‘Noah’ e lui si arrabbiò molto con la produzione”.

Come si è avvicinato al mondo del doppiaggio?

“Mi ci hanno tirato dentro, sono la terza generazione di una famiglia di attori. Io non lo volevo fare, troppa precarietà, volevo fare un mestiere vero, non so bene se l’attore sia un mestiere. Poi più scappavo più ci finivo dentro, quindi ho detto proviamo. Poi con dedizione sono arrivati i grandi risultati. La mia figlia più grande, Guendalina, fa la doppiatrice, ma tendo a non portare i miei figli più piccoli verso questo mondo, perché non è più quello di 30 anni fa: oggi è catena di montaggio, non è più un mestiere”.

Ha progetti in cantiere di cui ci può parlare?

“Sì, devono uscire cose per Netflix, c’è la ripresa con il teatro ‘Sistina’ per la tournèe estiva e invernale di ‘Mamma mia’, che non facciamo da due anni. Tanti film da doppiare, poi come sempre sono la voce di Radio Italia da più di 15 anni, e ne sono molto fiero”.

È mai stato a Ferrara prima?

“Sì certo, sono venuto molte volte, i parenti di mia moglie sono emiliani. La cosa che mi piace della vostra regione è il pragmatismo, insieme all’accoglienza, alla cordialità. Quando ho conosciuto la famiglia di mia moglie, tutti industriali, mi hanno sempre meravigliato molto. Con il terremoto subirono danni enormi, ma in pochi mesi si rialzarono con le loro forze. Poi veniamo spesso in Emilia con il ‘Sistina’”.

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