Le figlie di 12 e 15 anni avevano non solo una buona dose di maturità, ma anche argomenti migliori e più razionali del padre che non voleva che si vaccinassero contro il Covid-19. E il tribunale di Ferrara, decidendo in sede di volontaria giurisdizione, ha dato ragione a loro e alla madre, che voleva invece che si vaccinassero entrambe.
Proprio lei, assistita dall’avvocato Sergio Malagù, ha presentato un ricorso al tribunale dopo che il suo ex compagno – col quale sono da diversi anni separati e che hanno l’affido condiviso delle ragazzine – continuava a opporsi alla vaccinazione delle figlie, nonostante anche il parere favorevole del loro medico di base. L’uomo le aveva fatto pervenire anche una diffida ufficiale ad agire “per la sperimentazione genetica volontaria vaccinale Covid 19” sulle minori.
Nella sua opposizione davanti al tribunale, il padre – si legge nel decreto del collegio (presidente Stefano Scati, giudici Paolo Sangiuolo e Costanza Perri) dello scorso 11 marzo – ha proseguito sulla stessa linea argomentativa, sostenendo che la richiesta di far vaccinare le figlie era “frutto di mere scelte organizzative della vita privata e non di una cosciente conoscenza del così detto ‘vaccino’ e dei relativi effetti, oltre che della assoluta non conoscibilità degli effetti a lungo termine”. Argomentazioni in linea con il campionario ‘no-vax’, come confermato anche dal fatto che il padre ha eccepito anche che “non vi sarebbe alcuna emergenza sanitaria da Covid-19 fra i bambini, né un rischio di mortalità e bassa sarebbe l’incidenza dei ricoveri nella popolazione pediatrica” e, ancora, che i casi di ‘Long Covid’ sarebbero rari e che “i bambini non sarebbero causa importante di trasmissibilità del virus all’interno delle famiglie” e, infine, che “i rischi della vaccinazione pediatrica supererebbero i benefici ad esso connessi”.
I giudici hanno ascoltato le due minori, constando che fossero “mature e responsabili, consapevoli dei rischi connessi alla vaccinazione anti Covid-19, avendone discusso sia in famiglia che a scuola che fra di loro, ma anche dei benefici di gran lunga superiori rispetto ad eventuali e minimali effetti collaterali”.
“Le minori – scrivono i giudici – hanno motivato la propria scelta di sottoporsi alla vaccinazione con argomenti convincenti e pertinenti, perciò pienamente condivisibili e meritevoli della massima valorizzazione”. Al contrario, i giudici evidenziano come “l’opposizione paterna sia radicata su concezioni in alcun modo suffragate dalla prevalente comunità scientifica, anzi in netto contrasto con gli approdi cui è giunta la più recente scienza medica nazionale e internazionale”.
Per questo la madre è stata autorizzata a procedere con la vaccinazione contro il Covid-19 per entrambe. Sembra potersi dire che è stata anche la capacità e la maturità delle figlie a ‘piegare’ le argomentazioni paterne e i giudici hanno pienamente valorizzato questo dato, anche se sono minorenni. D’altronde è un percorso previsto anche dalla legge sul consenso informato, richiamata dal decreto del tribunale.
“Il minore quasi adulto è parte sostanziale delle decisioni che lo riguardano e non mero destinatario passivo di soluzioni eteronome – osservano i giudici -. Le sue dichiarazioni, pur se non vincolanti per il giudice, non possono essere disattese tout court, tanto più quando egli abbia rivelato capacità determinative ed un buon grado di maturità. Pertanto, la valorizzazione della volontà consapevolmente e responsabilmente espressa dal minore nelle questioni che lo riguardano (in particolar modo – e per quanto è qui di interesse – nell’assunzione di decisioni rilevanti per la propria salute) costituisce il punto di partenza ed il presupposto assolutamente imprescindibile di ogni valutazione che il giudice sia chiamato a compiere a fronte di un contrasto genitoriale”.
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