
(foto di Daniele Mantovani)
di Michele Govoni
“Qinà Shemor. Ester, la regina del ghetto” è il titolo dello spettacolo che giovedì prossimo 17 febbraio andrà in scena in prima nazionale al Teatro Comunale Abbado (ore 21).
Sul palcoscenico saranno gli attori del Teatro Nucleo per una produzione che vede la collaborazione del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah-Meis in occasione della mostra “Oltre il ghetto. Dentro&Fuori”, ospitata al Meis fino al 15 maggio prossimo.
In scena saranno Horacio Czertok, Natasha Czertok, Rachele Falleroni Bertoni, Greta Falleroni Bertoni, Marco Luciano, Francesca Mari, Veronica Ragusa, Nicolo Ximenes, Anidia Villani.
Le musiche dal vivo saranno cura di Stefano Galassi (contrabbasso) con Simona Barberio e Guglielmo Ghidoli (violini) e Luca Chiari (chitarra). Scene e costumi sono del Teatro Nucleo con la collaborazione di Maria Ziosi , Chiara Zini e RedoLab Design
Abbiamo incontrato Horacio Czertok che con Marco Luciano (che ha firmato anche la drammaturgia) cura la regia dello spettacolo.
Come nasce questo spettacolo?
Si tratta di un lavoro che abbiamo progettato insieme al Meis nell’ambito della mostra sul ghetto. Il ghetto è una di quelle “figure”, in senso ontologico, più difficili da gestire, capire e in un certo senso averci a che fare, nel senso che il ghetto implica un’ombra complessa.
La mostra e lo spettacolo sono uno sguardo laterale sia sull’esperienza del ghetto che sulla figura di Leone da Modena (da un cui testo è stato tratta la drammaturgia dello spettacolo ndr) che è un perfetto abitante del ghetto. Leone nacque a Venezia da una famiglia ferrarese che si era traferita nella città lagunare dopo il terremoto del 1570. Nel nostro lavoro ci siamo orientati sulla personalità di Leone da Modena, personaggio dalla vita alquanto movimentata ma molto attento a superare l’ignoranza che c’era nella società coeva sugli usi e costumi degli ebrei; il fatto che gli ebrei vivessero una vita separata dalle altre genti, generava moltissimo mistero, moltissime leggende alcune piuttosto cruente e crudeli.
Leone scrisse anche un libro di “divulgazione” dedicato al mondo ebraico, no?
Esatto, Leone era convinto che fosse necessario combattere questa forma di ignoranza grazie alla conoscenza, tanto da scrivere il libro “Riti ebraici”. Scopo del testo era far conoscere quella cultura. Se ci si pensa si tratta di un gesto di grande apertura mentale e di grande intelligenza che tra l’altro gli costò una censura pesante da parte della sua stessa gente: la comunità, infatti, non era contenta di questo “exploit”.
Veniamo al testo dedicato ad Ester
Il testo dedicato ad Ester si colloca in questo contesto. Ne esiste anche una versione di Jean Racine, testo di culto della Comedie Française. Ma, mentre la Ester di Racine prende a modello la Ester della Bibbia, quella di Leone è il risultato di un’operazione, dal punto di vista drammaturgico, molto più moderna. Lo scrittore presenta la sua Ester al centro della grande festa ebraica del Purim, collocata nel momento dell’anno del mutamento, la primavera.
Nel racconto biblico Ester salva il popolo ebraico da un genocidio al quale era stato condannato dal primo ministro del re Assuero, Amman, per via di una vecchia questione di lotte tra popoli.
Leone ne cambia il programma spazio-temporale, dandogli un altro colore e modificando l’ordine degli eventi. Inoltre lo scrittore inserisce personaggi che nel racconto biblico non compaiono, nello specifico due bambini, che caricano di forza narrativa il testo e sono testimonianza della sua arguzia drammaturgica.
Lo spettacolo mette in scena la “prova” dello spettacolo che si farà la sera, in quanto per la festa di Purim gli Ebrei fanno sempre un’importante cena cui segue uno spettacolino teatrale in cui i bambini mettono in scena la storia di Ester. Il ghetto è un luogo di tristezza in qualche modo, ma è anche un luogo di vita e di sviluppo culturale.
Abbiamo immaginato che la vita degli ebrei nel ghetto di Venezia non fosse tranquilla: il mondo cattolico era continuamente aizzato contro gli Ebrei, c’era gran parte del Gran Consiglio del Dux veneziano che era contrario a questo popolo e alla loro cultura e mal tollerava la loro presenza anche nel ghetto. A questo punto abbiamo immaginato Leone che invita alla cena di Purim anche il Dux e il Consiglio dei Dieci per mostrare a queste persone quanto gli ebrei possono essere utili al governo di una città.
Nel nostro spettacolo mostriamo la fase delle prove prima del vero spettacolo-cena di Purim, con momenti dettati dal testo di Leone da Modena, nell’attesa che arrivi il Dux. Un’attesa che, di fatto, inizierà quando finisce il nostro spettacolo.
Dal punto di vista della messa in scena, non farete solo teatro, ma anche circo contemporaneo, danza, musica dal vivo, che sono un po’ i linguaggi tipici di Teatro Nucleo
Noi abbiamo dovuto trascrivere in italiano corrente l’originale; non aveva senso fare una messa in scena naturalistica di questa tragedia, anche perché il linguaggio teatrale percorre oggi altre strade. Abbiamo ritenuto giusto trasformare il testo in momenti teatrali, utilizzando anche l’italiano di Leone come omaggio in alcune scene importanti.
E’ un bellissimo testo, molto attuale.
Proprio in merito all’ultima affermazione, quanto c’è di attuale?
Tutte le tematiche che si respirano e si vivono nel testo di Leone sono, purtroppo, perfettamente attuali.
Ci è sembrato interessante, di questo lavoro fatto insieme al Meis, cambiare il paradigma leggendo l’ebraismo fuori dalla Shoah, anche se quest’ultima rimane come un’ombra lunga.
I bambini introdotti da Leone e che noi facciamo entrare nello spettacolo perché ci sembra un’interessante soluzione scenica, noi li facciamo entrare anche alla fine con un’allusione alla Shoah stessa.
Quali scelte avete operato per i costumi?
Sicuramente sono costumi allusivi ad una certa Venezia sei-settecentesca, ma davvero poco.
Noi ci ispiriamo alla recita che in ogni casa ebraica si fa della tragedia di Ester, per ogni cena di Purim.
L’immagine che vorremmo dare è questa. I costumi sono certamente molto raffinati e Maria Ziosi (che è una bravissima costumista) sta realizzando un lavoro molto interessante.
In fin dei conti è uno spettacolo in costume e in musica.
Che tipo di musica sarà parte dello spettacolo?
Abbiamo un quartetto che eseguirà musiche appositamente realizzate e anche ispirate a musiche del tempo. Ci sono musiche molto vicine a quelle di Vivaldi e Monteverdi anche perché un importante musicista del tempo è Salamone Rossi detto l’Ebreo, molto amico di Leone, il quale si occupava di musica corale (tra l’altro diresse anche un coro femminile a Ferrara). Lo spettacolo, la mostra del Meis e tutte le loro attività, ma anche le pubblicazioni di Leone da Modena e il suo recupero, rientrano in un progetto, io credo: quello di combattere l’ignoranza con la diffusione della cultura, con la diffusione della conoscenza.
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