
Il pm Andrea Maggioni
Sono stati tutti rinviati a giudizio i sei imputati per “caporalato”, ovvero per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di centinaia di operai nel settore agricolo, violando le norme in materia di retribuzioni, turni, riposo giornaliero e settimanale, igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro e, in decine di casi, anche utilizzando la minaccia come strumento di pressione.
È la decisione presa dal gup di Ferrara Danilo Russo al termine dell’udienza preliminare a carico dei legali rappresentanti della forlivense Cooperativa Agricola del Bidente (Elisabetta Zani, 51enne, presidente, il suo vice Gimmi Ravaglia, forlivese di 44 anni, e Ido Bezzi, 63 anni, dipendente della cooperativa) e poi Abderrahim El Absy della coop Work Alliance di Cesena, Ahmed El Alami della coop Agritalia di Verona e Lahcen Fanane della coop Veneto Service (di San Bonifacio, in provincia di Verona).
Rinvio a giudizio chiesto dal sostituto procuratore Andrea Maggioni, coordinatore dell’inchiesta nata dall’incidente stradale nel quale perse la vita Lahmar El Hassan, un cittadino marocchino di 62 anni, residente in provincia di Verona: nella notte tra il 25 e il 26 novembre del 2017 il furgone sul quale viaggiava con altri 11 cittadini stranieri, tutti residenti nel veronese, si ribaltò lungo l’autostrada A13. Erano tutti lavoratori impiegati nell’emergenza aviaria avvenuta nello stabilimento Eurovo di Codigoro.
Oltre all’Ausl di Ferrara e alla Cgil, già costituitisi parte civile nella precedente udienza, in quella di ieri (giovedì 27 gennaio) si sono costituiti parte civile anche 15 lavoratori.
Zani e Ravaglia (coop del Bidente) devono rispondere di aver subappaltato la bonifica di Eurovo alle coop Agritalia, Veneto Service e Work Alliance, senza alcuna autorizzazione da parte dell’Ausl. Entrambi, insieme a Abderrahim El Absy, Ahmed El Alami e Lahcen Fanane, devono rispondere anche di tentata truffa aggravata ai danni dell’Ausl di Ferrara per aver tentato di indurre l’azienda sanitaria a pagare un preventivo di spesa gonfiato – quasi 2 milioni e 200mila euro – attestando di aver usato manodopera regolarmente assunta e retribuita e anche qualificata per il lavoro da svolgere. Pagamento che poi non si concretizzo perché intervenne prima la Guardia di Finanza insieme agli ispettori Inail, allertando l’Ausl sulle anomalie riscontrate.
La prima udienza davanti al tribunale in composizione collegiale è fissata per l’8 giugno.
“Siamo felici di stare in questo processo – afferma a margine dell’udienza Riccardo Grazi della segreteria della Cgil – perché ce n’è bisogno perché il caporalato nega la nostra rappresentanza, ce la impedisce e perché nega la dignità e la libertà delle persone. Ci auguriamo che questo processo produca effetti sia un deterrente per liberare il campo economico da queste distorsioni”.
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