È rimasto pressoché in silenzio lungo tutto l’arco delle indagini svolte fin qui. Ora parla e sono parole nette quelle di Stefano Marangoni, avvocato difensore di Filippo e Manuel Mazzoni, padre e figlio indagati per il duplice omicidio di Riccardo e Dario Benazzi, avvenuto in un campo di Rero il 28 febbraio scorso.
“Oggi sappiamo che Filippo e Manuel, come abbiamo sempre detto, sono più che innocenti, sono proprio estranei ai fatti. Siamo di fronte a un errore giudiziario, a una debacle investigativa”, afferma con forza il legale dopo l’udienza davanti al gip Vartan Giacomelli nella quale sono state discusse le perizie biologiche, dattiloscopiche e chimiche sui residui di polvere da sparo, eseguite dal genetista Pasquale Linarello e dal chimico Oscar Ghizzoni, nessuna delle quali ha dato elementi e sostegno dell’ipotesi investigativa
“Su tutti i reperti esaminati non sono state riscontrate compatibilità con il DNA delle vittime – rimarca Marangoni -. Non è vero che sono negative, le perizie sono positive: è stato trovato del DNA ma è non compatibile con quello delle vittime”. “Le uniche impronte sono stata trovate sui fucili – aggiunge – che sono regolarmente denunciati, e sono quelle dei miei assistiti. Il perito ha aggiunto che sono vecchie, ne consegue che non erano utilizzati da molto, molto tempo”.
C’è poi la questione dei residui di polvere da sparo. “Non sono stati trovati”, conferma l’avvocato Marangoni che aggiunge un dettaglio che rende ancora più significativa questa assenza: “Non sono state trovate particelle caratteristiche, ma nemmeno quelle indicative dello sparo: questo significa che non hanno mai sparato e che non si trovavano nemmeno nelle vicinanze di qualcuno che, con altre armi, abbia sparato”.
Niente nel corpo, niente nei vestiti, niente nelle armi, un fucile a pompa calibro 12 (il calibro compatibile gli spari che hanno ucciso i due Benazzi) e una carabina calibro 22. “Lo stub non è stato fatto solo su mani, naso e orecchie, dove è vero che a distanza di poco tempo i residui spariscono, ma anche sugli indumenti dove rimane per molto ma molto più tempo rispetto alle mani e il chimico forense dice che non c’è quell’insieme di elementi chimici che comunque sarebbe emerso se fossero stati coinvolti in uno sparo”.
A scanso di equivoci, nessuno dei reperti analizzati è risulta essere stato lavato o ripulito.
Ed è ancora quanto mai netto, Marangoni, quando afferma che “siamo di fronte a un errore giudiziario clamoroso: sono stati indagati sulla base di un’ipotesi, quella dell’oca, perché molti anni or sono le due vittime avevano accidentalmente ucciso due oche nel cortile dei miei clienti e ne era nata una discussione. Questo sospetto, questa teoria così suggestiva è stata trasformata in un indizio e si è cercato di trasformarla in prova. Questa trasformazione non è riuscita perché i Mazzoni si sono difesi”.
“Queste sono le prove svolte in incidente probatorio, nel contraddittorio tra le parti – sottolinea il legale -. È rimasto fuori l’accertamento tecnico chiesto dal pm in materia di infiammabili per capire il tipo di accelerante usato per dar fuoco alla macchina. Che è però fuori da quasi un anno ed esposta alle intemperie, cosa troveranno? Intanto sono stati rovinati i due Mazzoni e, visto il tempo trascorso, ora è più difficile trovare i veri responsabili”
Il rammarico rimane così per la “massiccia gogna mediatica che gli ha provocato una malattia nel corpo e nella mente che li segnerà per tutta la loro esistenza, perché sono stati sottoposti a un’infamia che gli sopravviverà”.
Il giudice ha restituito gli atti al pubblico ministero Lisa Busato affinché prosegua le indagini e Marangoni a questo punto potrebbe insistere per l’archiviazione dei suoi assistiti.
“Siamo sempre fiduciosi nell’esito dell’attività d’indagine, nonostante questi accertamenti abbiano dato esito negativo ma la situazione purtroppo non è apparsa subito nella sua gravità – è il commento dell’avvocato Denis Lovison, che assiste la famiglia di Dario Benazzi -. Aspettiamo l’ulteriore sviluppo delle indagini e quando avremo tutti gli atti potremmo valutare se fare un’attività integrativa”.
“Fiducia negli inquirenti” è espressa anche dall’avvocato Massimiliano Sitta che assiste la famiglia di Riccardo Benazzi.
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