L'inverno del nostro scontento
29 Novembre 2021

Se 30 morti al giorno vi sembrano pochi

di Girolamo De Michele | 5 min

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Nelle prime tre settimane di novembre ci sono stati in Italia 1315 morti per Covid-19. Qualcosa come 65 morti al giorno. La percentuale di non vaccinati (neanche la prima dose) è del 39.9% fra i positivi; del 51% fra i ricoverati in ospedale; del 64% fra i ricoverati in terapia intensiva; del 45.3% fra i deceduti. I non vaccinati sono il 12% dei vaccinabili. Sono dati dell’Istituto Superiore di Sanità.

Facendo un calcolo grezzo, cioè senza tener conto della diversa incidenza per fasce di età, risulta che se i non vaccinati ospedalizzati o in terapia intensiva fossero stati vaccinati, gli ospedalizzati in generale sarebbero il 37.8% in meno, i ricoverati in terapia intensiva il 59.1% in meno.

La terapia intensiva, è bene ricordarlo, è una brutta cosa: settimane sedati con ventilazione dei polmoni forzata, e il personale sanitario che ti rigira per evitare le piaghe da decubito. Dopo il risveglio ci sono mesi di riabilitazione, se si scampa il pericolo, che c’è, di restare invalidi.

Per i decessi si è preoccupato di fare un calcolo non grezzo, ma ponderato Matteo Villa, ricercatore presso l’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale). Il risultato è questo grafico:

La differenza è di circa 600 morti che avremmo potuto evitare. Circa 30 morti al giorno.

Nella storia del terrorismo, solo la strage di Bologna ha superato questa cifra. Ogni volta che partecipate a una commemorazione, un evento rammemorativo o informativo, sulle vittime del terrorismo – da piazza Fontana a Falcone e Borsellino, dall’Italicus a via Fani – state ricordando un evento molto meno grave, in termini di vite umane. Il fatto che ogni singola vita sia incomparabile e incommensurabile non toglie nulla alla constatazione che ci stiamo ormai abituando a considerare insignificanti queste cifre: è come se saltasse in aria una stazione ferroviaria ogni 3 giorni, come se ci fossero due stragi di Bologna a settimana.

Di questo si tratta, di questo stiamo parlando.

È questa la cosiddetta “libertà” di cui blaterano i novax del sabato pomeriggio: l’arbitrio di fregarsene dei 65 esseri umani che stanno morendo (30 dei quali potevano essere salvati) mentre loro danno aria alle gengive con slogan contro un’allucinazione di “dittatura sanitaria”. Mentre crepano decine di esseri umani, si aggrappano come l’ubriaco al lampione a pseudo-informazioni prese dalla Gazzetta di Paperopoli, o da puffetta.org. Quella sedicente “normalità” che loro percepiscono, e in nome della quale gridano che “adesso basta”, comporta 65 morti al giorno: è normale? Ci sta bene così?

Durante il primo lockdown avevo messo in guardia (spiace essere profeti di sventure, ma non era difficile prevederlo) contro quegli odiatori di professione che rinchiusi lo erano, e lo sono, non per effetto del lockdown, ma perché prigionieri da sempre di una galera che è la loro scatola cranica, che mettevano il proprio odio rancoroso davanti alle centinaia di morti al giorno: «Come Sméagol divenne Gollum uccidendo il cugino Déagol, così questi odiatori uccidono l’umanità che è dentro di loro per lasciare spazio al loro lato oscuro: il divenire-Gollum», avevo scritto. Eccoli qui: hanno trovato qualcun altro da odiare – i vaccinati, i medici, chiunque abbia cura della propria salute (e con essa, anche della loro: vaccinandoci, contribuiamo a tutelare anche la loro vita. Purtroppo).

Nel frattempo, l’assenza di vaccinazioni in ampie parti del mondo – le nazioni più povere non potranno immunizzare la maggioranza della loro popolazione prima del 2024 – favorisce la moltiplicazione delle varianti; è quello che Alessandro Gilioli ha definito capitalismo scemo:

Il capitalismo scemo. Quello che per carità i brevetti non si toccano, la proprietà intellettuale è sacra, siamo pazzi?, siete dei comunisti a chiedere la moratoria!

Basta una carta geografica per rendersi conto che l’apartheid vaccinale favorisce la diffusione di nuove varianti, poiché il virus non rispetta confini geografici. Che nessuno è al sicuro finché tutti non saranno al sicuro.

Ma l’Occidente “progredito e istruito” l’apartheid ce l’ha in casa. Una volta i paesi poveri li chiamavamo “terzo mondo”: oggi in terzo mondo è il vuoto a perdere mentale che sfila il sabato pomeriggio in nome del diritto di farsi i cazzi propri, e in culo tutti gli altri.

Peraltro, possono sfilare perché noi vaccinati, col nostro 88% (dei vaccinabili) glielo consentiamo, avendo creato le condizioni. E quando saranno ricoverati in ospedale o in terapia intensiva, avranno (com’è giusto) diritto alle cure come tutti gli altri. Togliendo un posto letto, e quindi una possibilità di sopravvivenza, a qualcun altro. È un paradosso, una contraddizione? No, non lo è: è il frutto di 40 di individualismo, paura, cinismo di quegli interminabili anni Ottanta dentro i quali siamo ancora imprigionati, come avevano capito gli Afterhours. Di quei sentimenti dell’aldiqua che portano a credere di poter scegliere ciò che conviene senza farsi carico delle responsabilità che la scelta comporta: che portano a rivendicare l’arbitrio di decidere persino ciò che c’è e ciò che non c’è. Come il bambino che, nel celebre esempio di Freud, lancia continuamente il giocattolo lontano da sé per poi riprenderlo, credendo di poter essere arbitro e signore della realtà di cui fa parte. Lasciamolo fare: è solo un bambino, no?

Sì, è solo un bambino – sono solo dei bambini. Ma anche Michael Myers era solo un bambino: che nel suo delirio, si arrogava il diritto di decidere del destino della sorella. E, una volta diventato adulto, di decidere della presenza e dell’assenza di ogni altro essere vivente, nella notte di Halloween, nella quale scambiamo per esseri umani i demoni che non siamo capaci di riconoscere.

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