di Lucia Bianchini
Anche la Cisl di Ferrara scende in campo al fianco delle donne in occasione del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne con una serie di iniziative: un video da condividere online, una panchina rossa e le realizzazione di un altro video dedicato agli insegnanti e al conflitto tra i ragazzi.
“Dall’inizio del 2021 – osserva Bruna Barberis, segretaria generale della Cisl – sono 57 le donne uccise, e questo è l’atto estremo di violenze verbali, fisiche, stupro e violenza economica. Credo che l’attenzione sul tema debba essere sempre più alta, sembra che ci si stia abituando, e l’aver coniato il termine femminicidio credo che sia un fallimento per la società. Spero sempre che sia l’ultimo anno in cui si debba essere in piazza contro la violenza, ma che dall’anno prossimo lo si faccia per festeggiare quella crescita culturale in cui gli individui si rispettino come persone e la donna abbia il rispetto che merita. Apparteniamo alla specie homo sapiens e abbiamo due declinazioni, maschio e femmina, ma la specie è la stessa”.
Per l’occasione sarà riproposto il video ‘Come eri vestita?’ realizzato lo scorso anno, che racconta sette storie di donne che hanno subito violenza e il cui abbigliamento non c’entrava nulla con l’atti criminale di un uomo. Il video sarà pubblicato sulla pagina Facebook di Cisl Ferrara e sul sito www.cislferrara.it dalla mezzanotte del 25 novembre e Cisl chiede a tutti di condividerlo con la scritta: #lacislconledonne.
La federazione dei pensionati di Ferrara insieme alla Fnp regionale ha inoltre predisposto una panchina rossa, posizionata vicino alla sede del sindacato. Nella consapevolezza che la violenza si combatte con la cultura, la Cisl insieme alla categoria della scuola sta lavorando per realizzare un video per gli insegnanti iscritti al sindacato per dare alcuni spunti sulla gestione dei i conflitti tra ragazzi.
Dal 2016 Cisl ha attivato uno sportello che ha come scopo quello di sostenere le persone che sono vittime di disagio lavorativo, conflitti sul lavoro, e assistere in caso di mobbing e burnout, con un supporto individuale in caso di problemi con capi, colleghi e clienti. “A tutt’oggi – spiega Cristina Biancardi, referente dello sportello- è l’unico di questo tipo in Emilia Romagna. Si sono rivolti al servizio in questi anni poco meno di 200 persone, che per un servizio così di nicchia sono davvero tante. Eravamo perplessi all’inizio, è partito in sordina, poi è diventato un servizio che cerca di dare risposte in collaborazione con le diverse categorie sindacali”.
“L’85% delle persone che hanno contattato lo sportello – prosegue – ha poi intrapreso un percorso di supporto psicologico, legale o sindacale. Il 73% delle persone che si rivolgono a noi sono donne, concentrate nella fascia d’età 45-54 e 55-65, abbiamo notato che l’età media si è alzata. Il 70% si è rivolto a noi per problemi con capi o colleghi, isolamento professionale, aggressioni verbali da capi, principale forma di violenza, condotte vessatorie, burnout, demansionamento, aggressioni verbali da clienti e discriminazione di vario genere. La violenza verbale è la principale forma di violenza lamentata. Le molestie non sono state portate come principale problema e, cosa ancor più grave, sono considerate meno gravi di altre forme di violenza, i pochi casi proposti non sono stati presentati come molestie ma violenza verbale, discriminazione o mobbing, la molestia sessuale è stata considerata meno grave rispetto alle altre vessazioni”.
“Anche nel contesto del lavoro domestico – sottolinea Stella Chelaru del coordinamento Anolf colf badanti Ferrara -, spesso nel dialogare con le donne che vengono allo sportello per una consulenza amministrativa si finisce per parlare di violenze, che se denunciate portano alla perdita del lavoro e al permesso di soggiorno. In questo contesto cerchiamo di raccogliere le loro segnalazioni e indirizzarle allo sportello di ascolto. Nel lavoro domestico è purtroppo molto presente la violenza fisica, anche sessuale, e per cultura o per pudore le donne non denunciano. Chi ha il coraggio di denunciare nella maggior parte dei casi rimane senza lavoro e questo crea un disagio economico enorme, visto che spesso chi fa l’assistente familiare mantiene la famiglia all’estero o i figli agli studi, quindi si rassegna ad accettare queste condizioni”.
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