Non basta la chiusura del cracking di Marghera, che potrebbe comportare un grave problema per la produzione al Polo chimico. La strategia di disinvestimento industriale da parte di Eni toccherà Ferrara anche per quanto riguarda la Sef, la società di Eni Power che gestisce la centrale termoelettrica. E nel sindacato è allarme rosso.
“È ormai evidente che del futuro industriale di questo paese ad Eni interessa poco o nulla”, scrivono in una nota congiunta le Rsu aziendali insieme a Filctem, Femca e Uiltec territoriali di Ferrara.
“Dopo l’annuncio di voler chiudere l’impianto cracking di Porto Marghera, è arrivata a mezzo stampa la notizia che la società del cane a sei zampe intende procedere alla messa sul mercato del 49% delle azioni di EniPower. Piove sul bagnato ci verrebbe da dire – scrivono i sindacati -. Una scelta incompressibile visti i numeri e i valori economici generati dall’azienda. Con rammarico non ci resta che constatare come sia sempre più chiara e lampante la necessità di Eni di fare solo cassa, in spregio al proprio ruolo storico di traino per l’economia e le politiche di sviluppo del nostro paese”.
“La delusione diventa ancora più cocente – dicono ancora Rsu, Filctem, Femca e Uiltec – nel momento in cui non più di un anno fa sembrava fosse inaugurato un nuovo corso rispetto alle relazioni sindacali con la firma del protocollo ‘Insieme’. Protocollo che ormai, viste le modalità di informazione, vale meno della carta su cui è stato scritto”.
E ora i sindacati si fanno una voce sola che “non si rassegna a questa deriva e chiede di aprire immediatamente un tavolo dedicato di confronto con Eni su questa questione. Confronto che va contestualmente inserito nel quadro, decisamente più articolato, di cosa Eni vuole fare realmente dei suoi assetti produttivi nel nostro paese”.
“Ricordiamo a tutti – aggiungono i sindacati – che l’impianto ferrarese vede già ora una compagine proprietaria che non fa capo esclusivamente ad Enipower. Una eventuale diluizione del ruolo di Eni metterebbe in luce un’ulteriore debolezza non solo della centrale di stabilimento ma di tutto il ‘fabbricone’ già attaccato dall’incertezza sulle forniture di monomeri dal Veneto. In questo confronto chiediamo però un cambio di passo del Governo e delle Istituzioni – concludono i sindacati – che non possono più fare finta di non avere un ruolo di controllo sulla gestione e sull’operato di Eni”
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