
Quando da bambina mi chiedevano: “che lavoro fa il tuo papà?”, io orgogliosa rispondevo tutto d’un fiato: “il terapista della riabilitazione”.
Non che avessi bene idea di cosa significasse, ma collegavo quel lavoro a qualcosa di piacevole perché, quando andavo all’ospedale di Portomaggiore, mio papà mi accoglieva, in un momento di pausa, con l’inconfondibile cioccolata calda della macchinetta fuori dall’ambulatorio.
Poi, crescendo, ho compreso meglio l’importanza del lavoro del terapista della riabilitazione.
I racconti di mio padre sulla sua esperienza con persone, spesso giovani, che avevano subito traumi importanti, mi hanno reso consapevole della fragilità del nostro corpo.
E come dimenticare i suoi innumerevoli tentativi di “raddrizzarmi” con la “rieducazione posturale globale”, metodo riabilitativo in cui é specializzato…ma si sa, figli e parenti sono i peggiori pazienti e dunque si è dovuto rassegnare all’idea di avere una figlia con un pó di scoliosi, il colmo!
Poi, da sportiva, ho realizzato che è un privilegio avere un papà fisioterapista, di quelli seri, che non promettono miracoli, ma allo stesso tempo ti rimettono in piedi senza compromettere la tua salute.
Nel corso dei miei 15 anni di pallavolo a livello agonistico, tra lussazioni, distorsioni, contratture, stiramenti, mio padre mi ha rattoppato ogni volta, consentendomi di raggiungere traguardi che altrimenti sarebbero stati impossibili.
Ai tempi in cui mio papà è diventato fisioterapista, il corso di laurea non esisteva ed il lavoro, dopo il diploma, si imparava soprattutto sul campo.
Appena è stato introdotto il corso universitario, si è peró rimesso in gioco, concludendo brillantemente il suo percorso, laureandosi in fisioterapia.
Tra docenze, master, pubblicazioni su riviste scientifiche, mi ha trasmesso la voglia di studiare, approfondire e di non fermarsi mai in superficie.
La sua professionalità è riconosciuta da colleghi, pazienti e medici che credo sentiranno la sua mancanza, ora che è arrivato meritatamente alla conclusione del suo percorso lavorativo.
Buona pensione papà.
Laura Caleffi