Politica
18 Maggio 2021
PiazzaVerdi sull’ampliamento della possibilità di smaltimento dell’inceneritore

“Il Comune di Ferrara mette il profitto davanti alla salute”

di Redazione | 4 min

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La scellerata decisione del Comune di Ferrara di assecondare la volontà di Hera di bruciare 142.000 tonnellate di rifiuti è inaccettabile poiché mette il profitto davanti a tutto, davanti alla salute, all’ambiente e, dunque, a tutti noi.

Nemmeno si è ritenuto di aprire un indispensabile e non rinviabile confronto pubblico. L’Amministrazione, a fronte di un aumento della raccolta differenziata, avrebbe dovuto chiedere alla Regione e a Hera di diminuire il conferimento all’inceneritore così come era previsto nell’accordo volontario del 2003, altro che accettare di aumentarlo. Ma quell’accordo è stato prima depotenziato dalla Giunta precedente, che aveva consentito ad Hera di sfondare il tetto di smaltimento dei rifiuti speciali, e ora viene definitivamente buttato alle ortiche.

La modifica dell’autorizzazione dell’inceneritore di Via Canal Bianco, che porta la capacità di smaltimento da 130.000 a 142.000 t (il limite tecnico stabilito nella procedura di VIA), rappresenta la rottura del patto tra cittadini e istituzioni sancito dal Protocollo d’Intesa sottoscritto nel giugno del 2003 da Provincia e Comune di Ferrara, Circoscrizione Nord Ovest e AGEA, poi incorporata in Hera. Il protocollo è stato l’esito di un percorso lungo e partecipato, che ha visto come protagonisti, oltre agli enti sottoscrittori, il Comitato per il Compenso Ambientale, espressione dei cittadini della Circoscrizione più direttamente coinvolta nel potenziamento dell’impianto già in opera da diversi anni.

Il limite imposto di 130.000 t derivava infatti dall’impegno assunto di vincolare l’utilizzo dell’impianto ai soli rifiuti della provincia, attraverso la pianificazione provinciale e specifiche prescrizioni nell’atto autorizzativo. Oltre a quello, infatti, in previsione di un programmato calo dei rifiuti solidi urbani per effetto dell’aumento delle raccolte differenziate, nell’autorizzazione sarà inoltre imposto un limite ulteriore per i rifiuti speciali (30.000 t, comprese nelle 130.000) anche allora non vincolati agli ambiti territoriali. 

Ma il protocollo prevedeva molto altro: l’impegno a non localizzare altri impianti nel territorio della circoscrizione; una modifica della viabilità per ridurre l’impatto del traffico veicolare; l’aumento della raccolta differenziata; la realizzazione di un bosco di 6 ha (il Bosco della Bota); l’estensione della rete di teleriscaldamento ai quartieri di Cassana, Mizzana, Porotto e di Via Arginone; l’istituzione del Rab (il consiglio di partecipazione della comunità locale).

Quest’ultimo impegno è di particolare interesse, anche in considerazione degli avvenimenti attuali.

Si trattava infatti di un istituto del tutto nuovo, sperimentato in alcune realtà industriali del Nord Europa, che consentiva il confronto continuo tra tecnici dell’impresa (Hera nel nostro caso), istituzioni locali e cittadini (attraverso loro rappresentanti eletti direttamente). 

Il Rab ha funzionato per alcuni anni, ha monitorato efficacemente il rispetto degli impegni assunti con il protocollo, ha gestito un ufficio aperto al pubblico e prodotto un proprio organo di informazione, poi se ne sono perse le tracce. Così come sono venuti meno, nel corso degli anni, gli altri impegni relativi alla potenzialità dell’impianto.

Mentre l’AIA del 2008 imponeva i limiti sopra richiamati (130.000 t di cui massimo 30.000 di speciali) e recepiva l’impegno affinché l’impianto, nella nuova configurazione, avesse un impatto inferiore alla somma di quello del vecchio più quello di Via Conchetta, destinato alla chiusura, e che le ricadute sull’abitato circostante fossero comunque inferiori a quelle precedenti, già nel 2012 veniva rimosso il limite di 30.000 t per gli speciali, autorizzando di fatto la continua saturazione dell’impianto.

Nel 2015, applicando il decreto Sblocca Italia (governo Renzi), si autorizzava lo smaltimento dei rifiuti urbani senza vincolo di provenienza.

Si giunge infine alla decisione attuale, attuata con il silenzio e, di fatto, l’assenso del Comune di Ferrara, che, per scongiurare qualsiasi possibilità che si concretizzasse una qualsiasi forma di opposizione, si é ben guardato di informare i cittadini e, da quel che appare, anche il Consiglio Comunale, della procedura in atto.

Alla faccia della tanto sbandierata ricerca della partecipazione, che evidentemente deve essere relegata agli ambiti in cui non si può produrre alcun disturbo per il manovratore.

Mentre i rifiuti prodotti in provincia e non avviati al recupero si sono ridotti a 50.000 t, giustificando di fatto il possibile funzionamento di una sola linea, delle due, alternativamente, con un dimezzamento dell’impatto ambientale, si accetta un “non peggioramento”, che evidentemente lascia intatta una situazione la cui criticità non vi è bisogno di richiamare.

Ma la partita a nostro avviso non può considerarsi chiusa. Perché ciò non avvenga è necessario però che i cittadini ritornino protagonisti veri del loro destino, per imporre che “difesa dell’ambiente”, “giustizia climatica”, “transizione ecologica”, “sostenibilità” non rimangano espressioni vuote, atte a mascherare la volontà di continuare a delegare al mercato, e quindi alla ricerca del profitto, la difesa della nostra salute e delle condizioni stesse di esistenza dell’umanità sul nostro pianeta.

Associazione PiazzaVerdi Ferrara

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