Si è chiuso domenica l’appuntamento di maggio di Internazionale a Ferrara, il festival di giornalismo organizzato dalla rivista diretta da Giovanni De Mauro con il Comune di Ferrara.
L’ultimo di un format nuovo, interamente on line da novembre 2020, che ha proposto una modalità di fruizione diversa dagli anni scorsi, pensata per conciliare il rispetto delle limitazioni imposte dalle norme anti-covid con il desiderio di mantenere saldo il rapporto con la città e con il pubblico che negli anni ha partecipato alla manifestazione. L’appuntamento per la prossima edizione, nuovamente in presenza, è per il primo weekend di ottobre.
Slow Journalism
Dal punto di vista informativo la pandemia da covid-19 ha scatenato quella che dagli esperti è chiamata infodemia: tra dati e numeri sviscerati ogni ora, fake news e sovrabbondanza di opinioni, l’emergenza sanitaria ha posto il giornalismo di fronte a una sovrapproduzione di notizie. Il movimento slow news, fondato nel 2014 da Peter Laufer, mettendo in primo piano i lettori, visti come azionisti e non solo come consumatori di un prodotto, può essere una risposta? Se ne è parlato in Elogio dell’informazione lenta, partendo dal documentario di Alberto Puliafito “Slow News”. Per Puliafito, che ha moderato l’incontro, “andare contro gli aggiornamenti continui serve a recuperare la qualità dell’informazione e quindi è una reazione alla crisi del giornalismo”. Lea Korsgaard, giornalista e scrittrice, co-fondatrice e direttrice di Zetland, azienda danese dedicata al giornalismo digitale, spiega la loro ricetta: “pubblichiamo solo quello che merita attenzione, quindi molto poco, solo approfondimenti di cui siamo fieri perché abbiamo passato molto tempo a realizzarli. Non chiamiamo i nostri lettori “abbonati” ma sono membri di una comunità e il fatto che ci pagano è la nostra unica forma di finanziamento. Funziona perché gli utenti vogliono avere un posto di fiducia dove trovare informazioni. Il modello pubblicitario è fallito: non sarà più la pubblicità a finanziare il giornalismo in futuro e questo comporterà una crisi profonda per alcune testate ma costringerà anche l’industria dei media a chiedersi come fare a convincere le persone a pagare per leggere. E la risposta è sempre la stessa: investire sulla qualità”. Helen Boaden, giornalista, già prima direttrice donna di BBCNews, si è detta “preoccupata dal fatto che l’informazione di massa sia sempre meno informazione e sempre più intrattenimento e questo comporta che diventi sempre più semplicistica perché le persone, sopraffatte dalla propaganda che proviene da qualsiasi direzione, non sono più capaci di prestare attenzione e questo non può essere considerato un bene per la democrazia”. Una preoccupazione condivisa da Giovanni De Mauro, direttore di Internazionale e Matthew Lee, direttore di Delayed Gratification, la prima pubblicazione al mondo di Slow Journalism, lanciata nel 2010. Per Lee “c’è una domanda crescente di giornalismo fatto bene, per aiutare a formarsi gli anticorpi contro le fake news bisogna educare al giornalismo, insegnare a scuola come funzionano le notizie, i social media e come si presenta il buon giornalismo”. Mentre per De Mauro “bisogna che i giornalisti siano responsabilizzati e ci si ponga la questione della formazione di chi lavora nei e con i giornali perché è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione di società democratiche”.
Il mito dell’Immunità
È giusto vaccinarsi? I pericoli a cui ci espone una pandemia vengono esagerati dalle aziende farmaceutiche per trarne profitto? La giornalista scientifica Silvia Bencivelli ne ha discusso con la saggista Eula Bliss a partire dal suo ultimo libro Immunità (Luiss University Press 2021), un successo di pubblico e critica, tradotto in oltre dieci lingue e segnalato tra i migliori libri dell’anno da The New York Times e Publishers Weekly. L’incontro ha permesso di fare un excursus dalle epidemie di peste e vaiolo alla diffidenza di oggi verso i vaccini attraverso un’analisi storica, medica e culturale del concetto di immunità e dei modi in cui l’umanità ha cercato di assicurarsela. Per Bliss “esistono ragioni per vaccinarsi che vanno molto al di là della medicina e delle questioni di salute: i nostri corpi sono in continuità tra di loro e con l’ambiente. Già nell’800 si aveva paura di essere avvelenati dai vaccini, si pensava contenessero sangue di vipera per esempio. I timori di oggi sembreranno ridicoli a chi vivrà nel futuro. La vaccinazione è sia interesse individuale che altruismo”.
La sfida dell’acqua
I diritti all’accesso all’acqua, all’ambiente e ai beni comuni dovrebbero essere diritti universali e inderogabili. L’acqua, che è una risorsa fondamentale per la vita umana, dovrebbe essere a disposizione di tutti ma finora è stata usata per ottenere vantaggi economici e sociali, scatenando conflitti ai quattro angoli del pianeta. Gli esperti lo chiamano water grabbing: l’acqua viene tramutata in bene privato o controllato da chi detiene il potere. Il water grabbing rappresenta uno dei processi più diffusi di violazione dei diritti umani e sociali. Questo il tema di Fino all’ultima goccia che si è tenuto domenica in diretta streaming. Stefano Liberti, giornalista, regista di Soyalism e autore di Terra Bruciata (Rizzoli 2020) ha colloquiato con il saggista e climatologo Giulio Boccaletti, ricercatore alla Oxford University, Mario Cifiello, presidente Coop Alleanza 3.0 e Marirosa Iannelli, presidente di The water grabbing observatory. Per Boccaletti “Il clima sta cambiando e con esso la distribuzione dell’acqua. Questo significa che dobbiamo porci urgentemente il problema di come gestire l’acqua in futuro dato che la nostra intera economia dipende da chi la distribuisce. L’Italia è molto più esposta di altri paesi ai cambiamenti idrogeologici e deve affrettarsi perché è chiaro che le infrastrutture e istituzioni idrologiche nordafricane sono diverse da quelle del nord Europa. Sulla carta il nostro paese ha una governance particolarmente sofisticata ma all’atto pratico è carente e ci si trova con gap strutturale significativo, in particolare al sud. Non c’è dubbio che l’Italia debba investire in infrastrutture ma al momento non ha nemmeno un coordinamento nazionale climatologico che si preoccupi di dire come gestiremo i cambiamenti ambientali tra quindici anni”. Iannelli ha sottolineato come “vivremo sempre di più in una situazione di stress idrico anche perché non si sta andando verso un modello di gestione democratica dell’acqua ma verso la sua finanziarizzazione. Senza dubbio il referendum sul tema di dieci anni fa è stato tradito a tutti i livelli. Acqua pubblica non vuol dire che è gratis ma che è un bene pubblico e un diritto umano sancito dalle Nazioni Unite”.
Le storie delle donne
Per un altro modo di raccontare le donne. C’è bisogno di non limitare il racconto femminile alle donne di straordinario successo, quanto di raccontare storie ordinarie, che possono essere altrettanto empowering e possono creare legittimità del percorso a ostacoli, sia familiare che personale o sociale, che le donne vivono ogni giorno. Non sono solo le storie di eccellenza a creare la consapevolezza nelle bambine del proprio posto nel mondo, ma sono soprattutto le storie di chi riconoscono come simili a loro, alla loro condizione sociale, al colore della loro pelle, alla loro provenienza geografica, alle loro caratteristiche fisiche, ai loro stessi valori. In Le ragazze sono forti, ultimo incontro per questa edizione, la regista e giornalista Federica Cellini, co-fondatrice di Mamalas_women at work, piattaforma internazionale di storytelling femminile ha discusso con alcune delle voci femminili che con il loro lavoro, propongono alle nuove generazioni modelli autentici di donne: Hannah Jewell, responsabile pop culture per il Washington Post che ha appena nominato, per la prima volta, come direttora una donna; Katty Kay, conduttrice principale di BBC World News America e autrice di numerosi saggi sulla condizione femminile, Xanthe Scharff, esperta di politiche di genere, giornalista multimediale e imprenditrice sociale, a capo di The Fuller Project, una redazione globale dedicata ai reportage sulle donne per aumentare la consapevolezza della condizione femminile nel mondo e Tabitha St. Bernard-Jacobs, organizzatrice della Women’s March e co-fondatrice di Youth Empower che si occupa, tra le altre cose, di dispersione scolastica femminile. “Siamo cresciute con tanti tipi diversi di leadership maschile ma non abbiamo modelli di donne in posizioni apicali. E’ ora di immaginare un potere femminile e di discutere del modo in cui lo si esercita: farlo come lo fanno gli uomini non aiuta le donne né le organizzazioni che guidano. Bisogna trovare altri modelli”, ha detto Kay mentre per Scharff bisogna fare in modo che “le storie delle donne arrivino sulle prime pagine dei giornali non in quanto vittime. Un buon giornalismo è quello che raccoglie le voci di tutti e di tutte e che fa in modo che le comunità si riconoscano nelle storie narrate”.
Le registrazioni degli incontri di questo fine settimana e i precedenti sono disponibili sul sito di Internazionale www.internazionale.it/festival.
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