Attualità
10 Febbraio 2021
L’intervento del prefetto di Ferrara Michele Campanaro in occasione del Giorno del Ricordo

Foibe, tragica conseguenza del nazionalismo e razzismo dei regimi dittatoriali

prefetto Michele Campanaro
di Redazione | 3 min

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prefetto Michele Campanaro

Il prefetto Michele Campanaro

Rivolgiamo oggi il nostro pensiero a coloro che perirono in condizioni atroci nelle Foibe, alle sofferenze di quanti si videro costretti ad abbandonare per sempre le loro case a Fiume, in Istria e in Dalmazia.

La giornata di oggi è dedicata al ricordo di migliaia di italiani del confine orientale che, al termine del secondo conflitto mondiale, subirono indicibili violenze trovando, in molti, una morte crudele nelle Foibe del Carso. Quanti riuscirono a sfuggire allo sterminio furono costretti all’esilio. L’occupazione jugoslava, che a Trieste durò quarantacinque giorni, fu causa non solo del fenomeno delle Foibe ma anche delle deportazioni nei campi di concentramento in Jugoslavia di popolazioni inermi. A Fiume, in Istria e in Dalmazia, la repressione jugoslava costrinse molti ad abbandonare le loro case. La popolazione italiana che apparteneva a quella regione fu quasi cancellata e di quell’orrore, per troppo tempo, non si è mantenuto il doveroso ricordo.

I drammatici avvenimenti di quel particolare e tragico periodo storico formano parte integrante della nostra vicenda nazionale e devono essere ricordati e spiegati alle nuove generazioni. Tanta efferatezza fu la tragica conseguenza delle ideologie nazionalistiche e razziste propagate dai regimi dittatoriali responsabili del secondo conflitto mondiale e dei drammi che ne seguirono.

Sulle Foibe e sull’esodo, solo negli ultimi decenni vi è stata una presa di coscienza da parte dell’intera comunità nazionale. L’Italia non può e non vuole dimenticare, perché le tragedie del passato non si ripetano in futuro. L’odio e la pulizia etnica sono stati l’abominevole corollario dell’Europa tragica del Novecento, squassata da una lotta senza quartiere fra nazionalismi esasperati.

La Seconda guerra mondiale, scatenata da regimi dittatoriali portatori di perverse ideologie razziste, ha distrutto la vita di milioni di persone nel nostro continente, ha dilaniato intere nazioni, ha rischiato di inghiottire la stessa civiltà europea.

Voglio qui ricordare le parole con cui lo scrittore istriano Fulvio Tomizza, figlio di un italiano e di una slava, racconta il dramma vissuto in quel tragico periodo: «Mi sono sempre sentito tra due fuochi. Mi accorgevo con dolore che i miei amici croati e sloveni mi guardavano con sospetto e nello stesso tempo non riuscivo a stare tutto dalla parte di mio padre. Non sono mai riuscito ad odiarli, gli slavi. Nonostante tutto quello che avevano fatto a mio padre e alla nostra gente. Forse perché sapevo che se era successo tutto quel disastro era anche colpa nostra. (…) E io lì, a cercare di ricucire le due parti di me stesso».

Il nostro Paese, riconciliato nel nome della democrazia, ricostruito dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale anche con il contributo di intelligenza e di lavoro degli esuli istriani, fiumani e dalmati, ha compiuto una scelta fondamentale. Ha identificato il proprio destino con quello di un’Europa che si è lasciata alle spalle odi e rancori, che ha deciso di costruire il proprio futuro sulla collaborazione fra i suoi popoli basata sulla fiducia, sulla libertà, sulla comprensione.

Oggi, ancor di più alla luce degli episodi di brutale e bieco razzismo che continuano a verificarsi con regolare frequenza, è ancora necessario affermare con forza che la nostra civiltà deve essere fatta di umanità, di rispetto per “l’altro”, deve affondare le sue radici nella fede, nella ragione e nel diritto, nella solidarietà tra popoli diversi. Le prevaricazioni dei totalitarismi non sono riuscite a distruggere questi principi: essi sono risorti, più forti che mai, sulle devastazioni della guerra.

Dobbiamo superare tutte le barriere di odio, diversità e discriminazione, nel rispetto assoluto e incondizionato della dignità umana, abbiamo il dovere di non dimenticare le sofferenze inflitte negli anni brutali del fascismo e della guerra.

Con questi pensieri nell’animo, oggi consegnerò emozionato nelle mani dei familiari i diplomi e le medaglie d’onore che il Presidente della Repubblica ha conferito a Giosuè Nave e Giuseppe Pala, entrambi finanzieri in servizio in Slovenia e Croazia, vittime nel 1944 e nel 1945 di una pianificata volontà di epurazione su base etnica e nazionalistica.

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