Eventi e cultura
29 Gennaio 2021
Incontro tra giovani studenti e il Meis, Spagnoletto: “Dobbiamo chiederci cosa succede negli altri 364 giorni”

Shoah. Il Giorno della Memoria e il giorno dopo

di Redazione | 3 min

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Domenica 3 novembre alle ore 15, durante un gratuito pomeriggio da brividi al Museo Archeologico di Ferrara, i bambini coraggiosi, dai 6 anni in poi, andranno alla scoperta delle arti divinatorie, dei miti e dei demoni che popolavano il mondo ultraterreno degli etruschi

di Lucia Bianchini

“Siamo al giorno dopo. Le iniziative per il Giorno della Memoria sono sempre moltissime e vanno crescendo, ma dobbiamo chiederci cosa succede negli altri 364 giorni. Si deve avere a cuore la memoria, metterci intelletto, attenzione, coscienza, e cambiare sé stessi”.

Con questa esortazione Amedeo Spagnoletto, direttore del Meis di Ferrara, ha aperto la tavola rotonda ‘Il giorno dopo. I testimoni del futuro’, rivolta soprattutto agli studenti degli istituti superiori, che si è svolta giovedì 28 gennaio sulla piattaforma Zoom e in diretta Facebook.

Hanno partecipato all’incontro, moderato dallo storico Amedeo Osti Guerrazzi, Talia Bidussa responsabile eventi e mostre del memoriale della Shoah di Milano, Simone Santoro presidente di Ugei, e quattro studenti che hanno affrontato il viaggio della memoria, diventando a loro volta testimoni: Gabriele de Pascalis, Michela Ponticelli, Gaia Garettini e Penelope Indelli, che hanno risposto alle domande degli studenti collegati.

Esperienze diverse, ma tutte legate dalla volontà di voler fare qualcosa, nel proprio piccolo, per non dimenticare. Simone Santoro ha parlato del suo bisogno di raccontare della sua famiglia e del suo popolo: “L’approfondimento su questo fatto è dovuto e fondamentale per tutti, ed è importante adattare il racconto a seconda di ciò che il tuo interlocutore sa e come si interfaccia alla storia”, “Quello che cerchiamo di fare è trasmettere quello che abbiamo ricevuto” ha spiegato Gabriele de Pascalis. “Per me essere una testimone del futuro è un dovere morale, civile e di rispetto per persone morte in modo ignobile e senza senso, di rispetto per la storia di fatti avvenuti e che molti negano”, ha affermato Gaia Garrettini, perché, come ha ribadito Penelope Indelli: “Dietro ai fatti ci sono sempre persone, e sconvolge pensare ‘e se fosse successo a me?’”.

A Michela Ponticelli sono invece rimaste impresse nella memoria le parole commosse di Sami Modiano che chiedeva di aiutarlo a raccontare, perché dopo di lui ci fosse qualcuno che potesse farlo: “Tanti ragazzi si stupiscono della nostra partecipazione emotiva a questa tematica, e questo mi fa capire quanto sia percepita la distanza da questo avvenimento”.

Distanza, pregiudizio, superficialità che però, a detta dei relatori, sarebbero più radicati negli adulti: “Ci sono pregiudizi anche tra i giovani – ha specificato Talia Bidussa -, ma sono più facili da sradicare, sono felice quando li espongono perché vuol dire che si sentono a loro agio a discuterne e sono disposti a mettersi in dubbio”.

Come ha ribadito il presidente del Meis Dario Disegni “tocca ora ai giovani l’impegno di farsi testimoni dei testimoni, facendosi carico di un importante impegno civile per lottare contro antisemitismo, razzismo, xenofobia e ogni forma di intolleranza”.

Dell’ideale passaggio di testimone ha parlato anche Mario Venezia, presidente della fondazione museo della Shoah di Roma: “Non si passa nessun testimone: per come la vediamo noi sembra un girarsi dall’altra parte, la proposta che facciamo è invece quella di continuare un percorso insieme”.

L’incontro si è rivelato essere anche un momento di discussione sull’importanza dei nuovi strumenti tecnologici e di come possano essere di supporto, in maniera innovativa, alla trasmissione della memoria, perché aumentano il potenziale di contatto e di divulgazione.

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