A fronte di un largo consenso tra enti locali, associazioni e sindacati, il Patto per il lavoro e per il clima siglato dalla Regione Emilia-Romagna non corrisponde però l’adesione della Rete per l’emergenza climatica e ambientale (RecaEr).
“ll Patto per il lavoro e il clima proposto dalla Regione Emilia-Romagna non è all’altezza della svolta necessaria per affrontare il tema urgentissimo della conversione ecologica e del contrasto al cambiamento climatico, dell’uscita dai combustibili fossili, dell’uso sostenibile delle risorse e della preservazione e valorizzazione ambientale come vettori fondamentali per disegnare un nuovo modello produttivo e sociale”, si legge in una note delle rete RecaEr la cui maggioranza dell’assemblea delle 71 associazioni ha votato per la non-firma del Patto.
“Negli scorsi mesi la Rete ha fatto pervenire agli uffici regionali oltre 700 pagine di proposte con specifici obiettivi temporali e risultati attesi – spiega RecaEr -. Nonostante qualche sparuto accoglimento la versione finale non ha raccolto la maggior parte delle istanze che avrebbero reso il Patto un documento vincolante e veramente operativo: non sono indicati obiettivi intermedi, né specificati investimenti e risorse finalizzate al raggiungimento del 100% di energie rinnovabili al 2035, uno degli obiettivi più importanti. Senza questi indicatori non è possibile monitorare i risultati del Patto stesso, il che lo rende uno strumento potenzialmente inerte”.
Per la Rete climatica, il Patto emiliano-romagnolo è un “un documento di buone intenzioni che che non mette in discussione le enormi contraddizioni con cui la Giunta avalla, parallelamente, l’operato di Eni di un grande impianto di cattura e stoccaggio della CO2 a Ravenna (intervento bastevole da solo a invalidare qualsiasi strategia carbon-free). Nulla è detto sull’incremento del trasporto pubblico ferroviario, sulla riqualificazione edilizia, sulla completa elettrificazione dei sistemi energetici, non ci sono indicazioni strategiche sull’idrogeno e i suoi sistemi di produzione e sul superamento della produzione di energia da biomasse”.
“È irrealistico – aggiunge la Rete – pensare di raggiungere l’obiettivo della transizione ad emissioni zero della Regione Emilia Romagna entro il 2050 senza la ripubblicizzazione del servizio idrico e della gestione dei rifiuti, senza impegni concreti riguardo la riduzione delle biomasse e un cronoprogramma che porti alla chiusura di inceneritori e discariche; senza interventi incisivi sui temi dell’agricoltura e della zootecnia; senza invertire la marcia di una mobilità fatta di grandi opere infrastrutturali: Passante di Bologna e bretella di Campogalliano sono esempi attualissimi di una pesante contraddizione con l’obiettivo di consumo di suolo zero”.
“Una Regione Emilia Romagna che propone l’autonomia differenziata o si candida ad ospitare le Olimpiadi non può portare avanti un’azione credibile verso i suoi cittadini che attendono azioni concrete a partire da subito e non l’ennesima operazione di marketing politico senza un corredo solido e coerente di attuazioni – attacca la Rete -. Se vogliamo salvare il nostro territorio dal cambiamento climatico che ogni giorno di più si manifesta nella sua violenza distruttiva, occorre ricominciare da un confronto reale su tutte le tematiche inerenti, con realtà capaci di rappresentare gli interessi dei cittadini in maniera disinteressata ma competente. Per questo Rerca si mantiene disponibile a proseguire in un confronto con le realtà istituzionali e sociali, augurandosi che le forme di questo confronto si rivelino, finalmente, realmente partecipative attraverso la presenza a tavoli di lavoro permanenti”.
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