Comacchio
27 Novembre 2020
Una messa nell'anniversario della grande battaglia del 2000 della Consulta Popolare per impedire il trasferimento delle attrezzature sanitarie

Comacchio non dimentica la lotta per la difesa dell’ospedale San Camillo

di Redazione | 3 min

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Comacchio. Per non dimenticare la battaglia in difesa dell’ospedale San Camillo di 20 anni fa e per ricordare le vittime del coronavirus oggi, 27 novembre, avrà luogo una messa di suffragio nella chiesa del S. Rosario alle ore 7.30. Un anniversario, quello della lotta popolare, particolarmente sentito nella cittadina lagunare.

Il 27 novembre del 2000, infatti, la popolazione di Comacchio accorreva in massa al San Camillo per impedire il trasferimento delle attrezzature sanitarie e difendendo l’ospedale sorto con l’utilizzo dei fondi propri del Comune.

Il ricordo dell’evento, oggi, fa i conti con la pandemia da Covid 19, che impone il distanziamento, la chiusura delle attività sociali e l’adozione delle misure precauzionali di sanificazione. Ciononostante, e al di là dei fatti che hanno segnato il prosieguo della vicenda comacchiese (l’accordo istituzionale del 2001, la manutenzione straordinaria del San Camillo di 13 milioni di euro del 2010, l’accordo prefettizio del 2017), le motivazioni profonde della ventennale lotta popolare rimangono ancora valide per la Consulta Popolare San Camillo, oltre che per il Tribunale per i Diritti del Malato di CittadinanzAttiva (alla quale la Consulta Popolare aderisce).

“La tutela della legalità – spiega il presidente della Consulta, Giovanni Gelli – è un tema molto sentito dall’opinione pubblica. L’esigenza di trasparenza dell’amministrazione, per cui la legge prescrive l’indicazione della ‘performance’, è entrata a far parte della normale gestione sanitaria. La considerazione che il cittadino non è unicamente il paziente bisognoso di cure e attenzioni ma è l’utente del servizio pubblico portatore del diritto costituzionale alla salute, si esprime anche attraverso gli strumenti associativi di tutela, quali il Tribunale per i Diritti del Malato di CittadinanzAttiva, strumenti che spesso sono chiamati a far parte dei ‘board’ gestionali. Il cittadino è inoltre il contribuente del servizio sanitario e, come tale, ha il diritto di far sentire la sua opinione sulla gestione della spesa che, in provincia di Ferrara, manifesta alcune contraddizioni”.

Gelli riferisce che il più alto costo sanitario pro capite, in Regione, ha imposto, nel 2013, un piano di riorganizzazione strategico “che non sembra aver dato i frutti sperati, tant’è che il costo pro capite è rimasto alto e la mobilità sanitaria passiva extra provinciale è incrementata”. “Per razionalizzare la spesa, solo adesso, finalmente, si inizia a intravedere la possibilità di unificare, e non solo integrare, le due aziende sanitarie, l’Asl e l’Aou”, aggiunge Gelli.

La problematica Covid per la Consulta avrebbe messo in luce le carenze della sanità ferrarese, con i tempi delle prestazioni specialistiche e ambulatoriali “tornati a dilatarsi a dismisura”.

“La vicenda del San Camillo – commenta Gelli – ha evidenziato il limite tutto locale dell’approccio “ideologico interessato” alla cosiddetta “sanità privata” (meglio sarebbe dire sanità pubblica a gestione privata accreditata). È bene ricordare che nella sanità ferrarese sono privatizzati i servizi di pulizia, di mensa e i servizi di gestione e manutenzione degli impianti. Con i privati si fanno, addirittura, progetti di finanza poliennali (vedi Cona). Inoltre si insediano, dentro le strutture pubbliche, i medici di medicina generale o i pediatri di libera scelta che sono, a tutti gli effetti, dei privati convenzionati (vedi Case della Salute). Le prestazioni privatistiche dei medici pubblici sono ammesse ‘intra moenia’. Quando si prospetta l’ipotesi comacchiese di una gestione pubblica, accreditata ai privati, della chirurgia ambulatoriale o delle prestazioni specialistiche, si grida all’arricchimento dei privati. La conseguenza – conclude Gelli – è che la sanità ferrarese non risulta sempre in grado di dare risposte adeguate alle esigenze dei cittadini, sui quali vengono caricate le spese della mobilità, sanità che viene ritenuta dispendiosa quando si propone l’intensificazione dei servizi territoriali, a differenza di quanto accade altrove nella stessa Regione”.

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