Lettere al Direttore
12 Novembre 2020

La verità sul caso Carife. Parlano i piccoli azionisti

di Redazione | 8 min

Abbiamo letto con sconcerto le dichiarazioni di un politico locale circa la correttezza dell’operato del Governo e Banca d’Italia nel 2015 relativamente alla scomparsa di Carife e l’azzeramento dei suoi azionisti e obbligazionisti.

Una vicenda dolorosa di cui continueremo a parlare per anni, e della quale ancora non sono state scritte tutte le verità. Una storia che ha riguardato 1200 dipendenti Carife, 28.000 azionisti, 4.000 obbligazionisti; insomma, in una città piccola come Ferrara una vicenda totalizzante che ha avuto conseguenze su tutto il territorio.

A distanza di 5 anni dalla formale scomparsa della banca (tecnicamente la “risoluzione”) continuiamo a leggere verità distorte e punti di vista sconcertanti, che talora sembrano uscire da chi ha vissuto la vicenda solo dalla propria scrivania. Noi abbiamo vissuto in diretta gli eventi dal settembre 2009 (annuncio pubblico della crisi Carife) ad oggi, incontrando in prima persona, nella veste di rappresentanti di un gruppo di piccoli azionisti, tutti i protagonisti della vicenda a Ferrara, Roma e Bruxelles, con infiniti viaggi.

Premetto che stiamo parlando di un’attività di volontariato svolta dalla nostra associazione, i cui consiglieri hanno sempre sottratto tempo prezioso a lavoro e famiglie. Aggiungo che la nostra associazione è apartitica, e che in tale veste abbiamo continuamente chiesto alla politica di ogni colore di dare aiuto alla banca locale e, soprattutto, al recupero dei risparmi dei ferraresi azzerati. Sottolineo “azzerati”, termine che è stato coniato in occasione di questo inaudito episodio della storia bancaria italiana, mai verificatosi prima.

E’ della settimana scorsa la dichiarazione della Corte di Giustizia Europea che sta condannando la Commissione Europea per aver definito “aiuto di stato” il salvataggio di Banca Tercas nel 2015 da parte del Fondo Interbancario (FITD). Questa circostanza ha poi portato anche al mancato salvataggio di Carife da parte del FITD, e poi al noto azzeramento di Carife e dei suoi azionisti nel novembre 2015. Insomma, la notizia è che la Commissione Europea ha sbagliato, e su questo non ci sono dubbi. Quindi, quale rimedio ora?

Purtroppo i tempi della Giustizia sono infiniti, mentre l’economia e i soldi corrono velocissimi tutti i giorni, quindi non si ritornerà mai indietro. Pur in uno scenario di crisi e di concentrazioni del mondo bancario, è molto importante arrivare alla verità, individuare i responsabili, trarre importanti insegnamenti per il futuro e risarcire chi ha subito un danno ingiusto.

Un esponente politico locale ha dichiarato che “la risoluzione delle quattro banche rimaneva l’unica opzione percorribile, piaccia o no”. Poi aggiunge: “Carife fu condotta sull’orlo del fallimento da una gestione dissennata…”.

La storia di Carife e delle sue conseguenze è infinita e in queste settimane siamo impegnati nel dialogo col Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR) di Roma per un fluido funzionamento del meccanismo degli indennizzi a coloro che hanno inoltrato domanda al fondo pubblico da 1 miliardo e mezzo, ma interveniamo nel dibattito con sette brevi riflessioni e una conclusione.

1) AZZERAMENTO DI STATO – Prima del 2015 per le banche in difficoltà Banca d’Italia aveva sempre favorito una diversa soluzione per proteggere i clienti o piccoli azionisti. Mai essi erano stati “azzerati”. Allargando lo sguardo al mondo economico, nulla da dire se in passato è successo che talune aziende private andassero a gambe all’aria facendo sprofondare i propri azionisti; ahimè capita. Ma nel caso di Carife si è assistito ad un azzeramento attuato il 22/11/2015 con un decreto firmato dal ministro dell’economia Padoan (Governo Renzi).

2) BANCA D’ITALIA – L’esponente politico con cui siamo in disaccordo cita un documento di Banca d’Italia, con cui si vuole sottolineare l’utile intervento della stessa nel 2015. Ricordiamo (come abbiamo sostenuto più volte anche alla cabina di regia del Governo a Roma per la costruzione del decreto indennizzi) che Banca d’Italia, l’ente che deve vigilare sui nostri risparmi, è stata presente 8 anni in Carife in modo sempre crescente: 2009/2011 vigilanza, 2011/2013 vigilanza rafforzata, 2013/2015 commissariamento, 2015/2017 gestione diretta. Dopo 8 anni di presenza, come è possibile che nel 2017 Banca d’Italia esca di scena favorendo la cessione di Carife per 1 euro e lasciando dietro di sé 32.000 ex azionisti e obbligazionisti azzerati? Questo rappresenta un “unicum” nella storia della vigilanza bancaria italiana; soprattutto per il fatto che il 30/7/2015 Banca d’Italia ha organizzato un’assemblea degli azionisti che ha deliberato il salvataggio di Carife, poi il 22/11/2015 (4 mesi dopo) ha inserito Carife nelle “4 banche azzerate”. Perché?

3) GESTIONE DISSENNATA – Lo stesso politico che critichiamo sostiene inoltre: “Carife fu condotta al fallimento da una gestione dissennata”. Fermo restando l’esito delle cause in corso, che dovrebbero fare chiarezza sulle responsabilità civili e penali, è innegabile che chi dirigeva Carife ha compiuto degli errori e ha tardivamente agito per porvi rimedio. Ma molte banche italiane avevano problemi simili o peggiori. Non vogliamo difendere la ex dirigenza Carife, ma abbiamo lungamente avuto confronti diretti con gli azzerati delle altre “3 banche” e delle due grandi banche venete sparite come Carife (Popolare di Vicenza e Veneto Banca). Sono in corso processi agghiaccianti contro la dirigenza di queste banche. In quei territori il management ha compiuto autentici atti banditeschi verso migliaia di clienti.

A Ferrara tanta attenzione mediatica è stata data al processo agli amministratori, che ha fotografato un episodio finale della storia di Carife: l’aumento di capitale del 2011. Giusto approfondire per Carife episodi della gestione manageriale (fino a maggio 2013), ma perché non si è mai approfondito ciò che è accaduto successivamente?

4) CARIFE ERA SALVABILE – Carife nel 2015 era una banca salvabile. Lo statuto del Fondo interbancario stabiliva infatti che il FITD poteva intervenire nei salvataggi solo se la banca salvata aveva la possibilità di ritornare “in bonis”, ossia poteva riprendersi economicamente. Questo dettaglio lo abbiamo ricordato nell’audizione alla Commissione interparlamentare banche presieduta da Pierferdinando Casini a fine 2017, ed è stato confermato da Salvatore Maccarrone, presidente del FITD, alla medesima commissione nell’audizione del 13/12/2017. Quindi il FITD aveva rilevato che Carife poteva salvarsi. Una parte degli atti di tale commissione sono stati secretati.

5) NESSUN DIVIETO FORMALE UE PER CARIFE

Il 24 aprile 2019 siamo stati ricevuti dalla Commissaria europea Vestager a Bruxelles e le abbiamo manifestato il disappunto per la questione dei risparmiatori italiani azzerati. Ma non è possibile scaricare tutte le responsabilità sull’Unione Europea.

Non è mai arrivato un “divieto formale” della Commissione Europea al salvataggio di Carife e delle altre 3 banche. Quindi perché il Governo dell’epoca (Governo Renzi) non ha permesso il salvataggio e protetto i risparmi delle famiglie?

Se anche fosse arrivato un folle “divieto formale” della Commissione Europea, il Governo avrebbe potuto opporsi e salvare le 4 banche e i risparmi di 130.000 risparmiatori. Al limite avrebbe rischiato una procedura di infrazione, che sarebbe costata comunque allo Stato molto meno degli indennizzi che ora sì è impegnato a pagare.

In sostanza, perché il Governo del 2015 ha scelto la scellerata strada di azzerare banca e risparmiatori? Sottolineo “risparmiatori” perché a Ferrara gli azionisti Carife in stragrande maggioranza erano persone che avevano scelto azioni Carife al posto dei titoli di stato e non erano impavidi speculatori.

6) “POCHI GIORNI DOPO” IL FITD AVEVA PRONTO PIANO B PER CARIFE

Quando il Fondo Interbancario (FITD) era stato “bloccato” nell’estate 2015 nella sua azione di salvataggio, che sarebbe avvenuta con il cosiddetto “schema obbligatorio di salvataggio”, aveva subito creato un nuovo strumento denominato “schema volontario di salvataggio” che non incorreva in nessun modo nel rischio dell’accusa di “aiuto di stato” da parte della Commissione Europea.

Il Presidente del Fondo Interbancario, Salvatore Maccarone, convocato dalla Commissione d’inchiesta sul caso Carife della Regione Emilia Romagna (commissione da noi richiesta) ha rivelato a Bologna il 25/3/2019 che lo ”schema volontario” era pronto il 26/11/2015. Occhio alle date: Carife è stata eliminata il 22/11/2015. Perché non si sono attesi pochi giorni, dato che il 26/11/2015 era pronto il piano B per salvare Carife?

7) LE ALTRE BANCHE SALVATE – CARIFE IN UN “BUCO NERO”

Una banca locale con 160 anni di storia sparita e ceduta a 1 euro con tutti gli immobili. 700 persone hanno perso il lavoro, 32.000 risparmiatori azzerati. Siamo allibiti a leggere che, a 5 anni di distanza dal 2015, qualcuno ancora dica che il Governo dell’epoca abbia fatto la cosa giusta.

Dopo l’episodio delle “4 banche” e delle due venete eliminate, tutte le successive banche in difficoltà sono state salvate con interventi che le hanno preservate e che non hanno azzerato alcun titolo di azionisti e obbligazionisti: Monte dei Paschi di siena, Cassa di Risparmio di Rimini, Cassa di risparmio di Cesena, Cassa di Risparmio di San Miniato, Banca Carige, Banca Popolare di Bari, eccetera. E in molti casi si trattava di operazioni fotocopia (intervento FITD) di quella che non è stata fatta per Carife. Diverse di queste banche poi sono entrate in naturali processi di fusione o incorporazione, come quello a cui stiamo assistendo di Cassa di risparmio di Cento con Credem.

Il caso Carife è quindi caduto in un “buco nero temporale” che ha ingiustamente inghiottito i risparmi di 300.000 famiglie italiane di vari territori. Un tritacarne in cui Carife non doveva entrare.

In definitiva, il finale della storia di Carife deve quindi essere ancora correttamente scritto. Ma da tutto questo sorge una domanda e un insegnamento.

LA DOMANDA:

Di fronte a una tale mazzata per l’economia locale, perché non c’è stata una levata di scudi di politici ferraresi locali e romani, forze economiche, sindacati? A parte i due sindaci Tagliani e Fabbri, che hanno fatto quello che potevano, un grande silenzio. Comunicati stampa, sconcerto, tutti rinchiusi a coltivare piccoli interessi di parte. Pochi che abbiano preso un treno e siano andati a battere i pugni a Roma e in altre sedi.

L’INSEGNAMENTO

Ora sono partiti gli indennizzi, che non leniscono certo una ferita economica e sociale profonda, ma che dovranno riportare nelle casse dei ferraresi una somma stimata in circa 200 milioni di euro. Pochi, tanti, giusti, sbagliati? Non sappiamo, ma stanno arrivando. C’è voluta una fatica improba per ottenerli e un grande lavoro di tessitura e di rete con la politica, le istituzioni e le altre associazioni di azzerati.

Il sistema Ferrara deve imparare a far rete, a non chiudersi nella rassegnazione e negli orticelli di piccoli interessi di parte. Unito, il sistema Ferrara può fare tanto e guardare avanti.

Marco Cappellari – Presidente associazione Amici della Carife

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