Copparo
6 Ottobre 2020
Prima udienza davanti alla Corte d'assise per Saverio Cervellati, il reo confesso imputato per l'omicidio della ex compagna. Negata la perizia psichiatrica, sentiti i carabinieri che hanno svolto le indagini

“Ho ucciso mia moglie”. Via al processo per il femminicidio Fusi

Femminicidio Cinzia Fusi
di Daniele Oppo | 4 min

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Femminicidio Cinzia Fusi

Da destra: il tenente Domenico Marletta, il maggiore Giorgio Feola, Cristina Fusi (cugina della vittima) e il carabiniere Antonino Cucchiara

“Ho ucciso mia moglie”. Sono le parole che Saverio Cervellati ha detto andando incontro al giovane carabiniere Antonino Cucchiara che con un collega, quel 24 agosto del 2019, si trovava a qualche decina di metri dal box auto di pertinenza del negozio “Spedi Bene” di via Primicello, dove Cinzia Fusi, 34 anni, era riversa terra, in una pozza di sangue.

È iniziato lunedì 5 ottobre il processo che vede il reo confesso Cervellati, 52 anni, imputato per omicidio volontario aggravato di quella che non era sua moglie, non lo è mai stata, ma una compagna in un rapporto ormai molto raffreddato.

La Corte d’assise presieduta dal giudice Piera Tassoni (l’altro giudice togato è Sandra Lepore) ha respinto la richiesta avanzata dalla difesa di Cervellati, l’avvocato Elisa Cavedagna, di eseguire una perizia psichiatrica sull’imputato per accertarne la capacità d’intendere e di volere, anche per via del ‘buco di memoria’ che finora non gli ha permesso di ricordare esattamente quei minuti di violenza, pur riconoscendo le proprie responsabilità.

Sul banco dei testimoni si sono susseguiti i carabinieri che hanno eseguito le indagini. Per primo Cucchiara, in servizio nella Stazione dei Carabinieri di Berra, che fu anche il primo a entrare nel garage mentre il collega teneva sott’occhio Cervellati, vedere la Fusi per terra e chiedere l’immediato intervento del 118. “Muoveva la testa e la si sentiva anche respirare”, ha raccontato il militare all’Assise. E una foto da lui scattata con lo smartphone, con attivata la funzione in movimento che racchiude una sequenza di alcuni secondi (una sorta di micro-clip), mostra proprio la Fusi – il cui decesso verrà dichiarato dopo una disperata corsa verso l’ospedale di Cona – che muove la testa da una parte all’altra. La vittima, è un dettaglio non da poco, aveva un fazzoletto infilato in bocca.

Le foto della scena iniziale evidenziano anche la presenza di alcuni sacchi gialli del pattume disposti lungo il corpo della vittima che poi verranno spostati dai sanitari. Sui sacchi, due sono le interpretazioni: la prima, sostenuta dalla difesa, è che Cervellati li abbi usati per coprire il corpo ma non per occultarlo; la seconda, sostenuta dalla parte civile (avvocato Denis Lovison) è che invece stesse preparandosi per far sparire il cadavere.

In un’altra foto si vede l’arma del delitto: un matterello, inizialmente posizionato sotto al corpo della Fusi e poi finito sotto il muso dell’auto parcheggiata nel garage, che quella mattina avrebbe dovuto portarli al mare, come da programmi iniziali.

È stato poi sentito il tenente Domenico Marletta – comandante del Nucleo operativo dei Carabinieri di Copparo – che ha svolto le indagini a largo raggio: i rilievi sul posto alla ricerca di riscontri per le affermazioni di Cervellati tramite l’analisi delle telecamere del Targa System, quelli sui tabulati telefonici e le celle agganciate, nonché i controlli sui conti correnti e le testimonianze dei conoscenti. Il tenente ha parlato anche dei 4 sms postdatati inoltrati da Cervellati alla moglie, scritti dopo l’omicidio e programmati per essere inviati dopo.

Dopo di lui è toccato al maggiore Giorgio Feola, al tempo comandante della Compagnia Carabinieri di Copparo che ha svolto le indagini ed è stato presente anche all’interrogatorio fiume di Cervellati, durato circa 5 ore. Infine Pietro Bucchieri del Nucleo Investigativo è stato sentito in merito ai rilievi tecnici svolti.

Qualche questione è sorta sui vestiti dell’imputato e sulla sua pulizia: quando si è presentato dai carabinieri in via Primicello non aveva tracce di sangue addosso, né sul corpo né sui vestiti, ed è stato ipotizzato che si fosse fatto una doccia e poi cambiato gli abiti. I rilievi – ma anche la stessa confessione di Cervellati –  hanno confermato che si sia cambiato gettando via la maglia (ritrovata vicino alla Fusi, e impregnatasi di sangue al punto da rendere impossibile capire se e quanto fosse sporca prima: l’imputato afferma di averla tolta perché sudata), poi i boxer da mare (gettati dentro un bidone della spazzatura nel garage e trovati sporchi di poche goccioline di sangue) e le scarpe bianche, sporche nella parte inferiore. È sicuro che si sia quantomeno lavato in un lavabo presente nel garage, mentre dai rilievi tecnici sembra potersi escludere che si sia fatto la doccia.

La famiglia di Cinzia Fusi – padre e madre, zia e la cugina Cristina – sono parte civile nel processo tramite l’avvocato Denis Lovison (che rappresenta anche i Comune di Copparo e di Riva del Po), da sempre convinto che non si sia trattato di un raptus, ma di un atto premeditato.

Nel corso della prossima udienza, in calendario lunedì 12 ottobre, verranno sentiti i consulenti tecnici (medico legale, tossicologo e consulente informatico che ha analizzato computer e cellulari) e alcuni testi delle parti, tra i quali un conoscente della Fusi al quale pochi giorni prima era stata data fuoco all’automobile. Verrà probabilmente sentito anche lo stesso Cervellati.

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