Attualità
7 Settembre 2020
La cerimonia in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica. Il presidente Arbib: “Il nostro sogno è ribadire l’importanza della presenza ebraica all’interno della città”

Le sinagoghe di via Mazzini finalmente riaperte

sinagoghe ferrara
di Redazione | 4 min

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sinagoghe ferraradi Francesco Franchella

È stata proprio in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica che le sinagoghe di via Mazzini sono state riaperte. Una giornata di festa e di soddisfazione per una comunità in difficoltà, eppure per il popolo ebraico vi è sempre (e purtroppo) una nota dolente: “Dovevano gasare la tua famiglia”, è quanto si può leggere sulla pagina Facebook dello scrittore (oggi candidato a Faenza) Roberto Matatia, “un nostro iscritto – dice Fortunato Arbib, presidente della Comunità ebraica di Ferrara – a cui esprimo tutta la nostra solidarietà di fronte a un episodio antisemita inaudibile, che dovrebbe lasciarci increduli ma, ahimè, non è sempre così, visto l’aumento di questi casi registrato in Italia”.

Il discorso di Arbib alla conferenza di domenica mattina è tanto lungo, quanto emozionante e tocca aspetti storici e sociali. “La nostra città, come del resto tutta l’Europa, ha atteso 20 anni dopo la Shoah per iniziare a fare i conti con il suo passato antisemita. Ma da allora Ferrara è cambiata profondamente e finalmente la città si onora di avere una forte presenza ebraica: il Meis, il ghetto, le sinagoghe, il cimitero di via delle Vigne, la comunità che mi onoro di rappresentare, sono oggetto di grande interesse sociale, politico e culturale”, afferma con una punta di orgoglio.

Lo stesso orgoglio che la comunità mette in campo, offrendo il proprio sostegno alla città, “al pari di tutte le altre componenti sociali”, visto il progressivo declino economico che Ferrara sta affrontando. Difficoltà che, inevitabilmente, coinvolgono la comunità stessa, che, a detta del presidente, “è riuscita a conservare buona parte del patrimonio immobiliare, anche se si tratta di edifici storici, la maggior parte dei quali necessita di un significativo intervento manutentivo e di conservazione, che rappresenta un onere quasi insostenibile per le nostre possibilità”. In sostanza, la pandemia ha gravato su una situazione che era già critica, anche a causa del terremoto del 2012.

Quello della comunità è un patrimonio immobiliare deteriorato, ma nulla è perduto: “Abbiamo il progetto di inserire i luoghi dell’ebraismo in un più vasto piano organico di rigenerazione urbana: questo non sarà utile solo alla comunità ebraica, ma anche all’intera cittadinanza. Il nostro sogno è ribadire l’importanza della presenza ebraica all’interno della città, alla cui bellezza e passata grandezza tanto hanno contribuito gli ebrei, provenienti da tutta Europa”.

Un progetto ambizioso, ma comunque sostenuto dall’Amministrazione comunale, come ribadito dal sindaco Fabbri, che ha definito la sinergia Comune-comunità come un “motivo di vanto e orgoglio. Dal sisma – continua il sindaco – mi sono confrontato più volte con la comunità, ancor prima di vincere le elezioni. Ci tengo molto alla valorizzazione di un importante pezzo della storia cittadina, come il Ghetto ebraico: quindi non può che farmi piacere sostenere questo progetto, alla riscoperta del Ghetto. Lavoreremo in sinergia con il Meis e con il direttore Spagnoletto”.

Spagnoletto che interviene immediatamente dopo, riportando una tipica benedizione ebraica tutt’altro che scontata: “Benedetto sia colui che rimette a posto il confine della vedova: la vedova è tanto la comunità ebraica, quanto la città intera, tutti coloro che rientreranno nella sinagoga dopo tutto questo tempo e che si renderanno conto di cosa la città si stesse perdendo”. Insomma, riprendendo le parole di Arbib, “valorizzare il Ghetto significa valorizzare Ferrara” e “noi del Meis – dice Spagnoletto – offriremo il nostro contributo per far rifiorire la comunità ebraica di Ferrara e tutto il territorio ad essa annesso”.

È bene, poi, ricordare come, con la riapertura della sinagoga italiana (l’edificio in Mazzini comprende tre sinagoghe: quella fanese, quella tedesca e quella italiana) “la comunità ebraica ferrarese, dopo 80 anni, sia finalmente riuscita a svolgere una funziona religiosa non nella sinagoga tedesca o nel piccolo oratorio – dice il rabbino di Ferrara, Luciano Meir Caro – ma in questo ambiente, nella sinagoga italiana, dove ci troviamo ora: sembra intoccata, ma in realtà è stata in gran parte rinnovata”.

Spende poi due parole sul rapporto tra gli ebrei e Ferrara: “Ferrara è stata nei confronti degli ebrei piuttosto benevola, accogliendo maggiormente gli ebrei profughi. La nostra è una storia di itinerari, di spostamenti da una regione all’altra, cominciando dagli ebrei di Abramo, che da Israele arrivano in Egitto, dove per la prima volta si riconoscono come Popolo. Noi ora siamo a Ferrara, siamo ben radicati e facciamo parte della città e anzi, da oggi ci sarà un ulteriore sviluppo dei rapporti – già ottimi – con il popolo ferrarese”.

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