Fare qualcosa di simile all’usciere non rientra certo tra le aspirazioni professionali degli avvocati. Per questo la figura “dell’avvocato di presidio”, così come definita dalle ultime linee guida del tribunale di Ferrara per l’emergenza Covid-19, incontra l’opposizione della Camera penale ferrarese.
Le disposizioni del 5 giugno, rileva la Camera penale, “hanno suscitato qualche perplessità e malumore tra diversi colleghi, in particolare sulla figura ‘dell’Avvocato di presidio’ e sui compiti a esso affidati”. Tra questi vi è infatti quello di “chiamare in aula di volta in volta le persone interessate al processo”. Attività che, “sia pure comprensibile nelle intenzioni, porta a un inevitabile svilimento della nostra professione: si affida all’avvocato un compito che dovrebbe, invece, svolgere il cancelliere”·
Il tutto avviene “quando parte del personale di cancelleria è ancora a casa in versione ‘smart working’, che come sappiamo, nei fatti, è stata ed è soluzione impraticabile. Il vero problema sta proprio nell’aver previsto il lavoro da casa senza conoscere effettivamente quale sia il reale dato di efficienza e produttività dello stesso. Senza, in sostanza, che vi sia un monitoraggio periodico.
Ora, a queste condizioni, si confida ancora una volta nel buon cuore dell’Avvocato affinché le udienze in presenza possano riprendere. Ci si affida, è bene ricordarlo, a quella categoria che da tutti i provvedimenti governativi è tra le poche, se non l’unica, a essere rimasta priva di tutele.
Non si comprende, inoltre, come la disponibilità in udienza sia prestata unilateralmente da parte dell’avvocato”.
La Camera penale non può che esprime “la propria contrarietà a una prospettiva così come indicata nelle Linee guida e si rende, comunque, sin da subito disponibile a un confronto al fine di trovare una soluzione che non svilisca il ruolo dell’avvocatura”.
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